Tempo di mid-term (l'esame di metà corso) e i miei alunni gigioneggiano, si disperano, se ne fregano o cercano di ottenere più informazioni possibile riguardo al test, rasentando a volte l'idiozia ("Ci può dire le domande che ci farà?" o il classico ma non meno inquietante "Il materiale è così vasto", a fronte di un solo libro di testo, per giunta corto e scritto appositamente per studenti mentecatti). Tra tutti stimo quelli che se ne fregano. Almeno non cadono nel patetico.
Superate a suon di aspirine le mie due influenze recenti, mi son detto "passeggiamo un po' dopo la scuola". Ho preso tutta l'acqua che potevo e alla fine mi sono arreso all'evidenza di dover cercare riparo. E' così, e anche per colpa/merito del sempre provvidenziale Nuti, che mi sono infilato da Feltrinelli per poi uscirne con due oggetti tra l'involontariamente folle ed il genuinamente stupido (o viceversa).
Oggetto numero uno: La rivista "Catastrophe" (www.catastrophe.it). Una di quelle pubblicazioni molto saltuarie solo apparentemente radical chic che annaspano tra titoli improbabili tipo "Urbanistica ed Onanismo", "Saggi sull'Ermeneutica Quantistica", "Cinema Oltranzista Pigmeo" e "Baudrillard contro Mazinga". Grafica molto carina, formato ergonomico, articoli interessanti e mai banali. Divertenti e divertiti gli approfondimenti, lontani dai consueti e fumosi intellettualismi del settore. Le chicche principali: un articolo-fiume sugli aspetti ossianico-lisergici dei primi Pooh (ne escono praticamente come i "Sabbath de noartri"!), divagazioni sull'era e la sottocultura dei paninari, un possibile itinerario romano molto DeBordiano intitolato "DisneyRome", le allucinanti rivelazioni sul revisionista Cesco Capanna (insospettabile direttore della rivista "Fotografare"), l'"abisso electro-freak di Paul McCartney". La perla assoluta, almeno per me e per ovvi motivi, è l'articolo "Metallo pesante" di Luca Collepiccolo. L'amico Niccolò dovrebbe leggerlo: sono sicuro che si riconoscerebbe nel 90% di quanto scritto. E' in sintesi una lucida digressione sullo stato delle cose, scevro tanto da trionfalismi quanto da banali attacchi preventivi. Ed è ciò che più serve nel mondo del metal, intendiamoci. Sarebbe da riproporre per intero. Non potendo mi limito a due passaggi-chiave:
"(...) Ed i Manowar, del belligerante bassista Joey DeMaio, sono forse l'esemplificazione di quei toni battaglieri parossistici che storicamente si accompagnano alle chitarre sporche e ai tamburi battenti. Una celebrazione quasi primitiva quella del quartetto americano, barbari moderni di pelle vestiti e pronti a scendere in trincea, forti del loro credo: le altre band suonano, i Manowar uccidono! E giù risate."
"(...) Ciò che nei settanta e nei successivi ottanta appariva come un'estremizzazione del rock freakedelico è oggi innocuo punto di riconoscimento per il nulla. I metallari sono stati praticamente riassorbiti nel tessuto culturale: ciò che un tempo era simbolo d'appartenenza -una musica che travalica ed investe l'immaginario quotidiano con le sue tematiche e la sua voglia di indipendenza- oggi è vuoto merceologico. Basti adocchiare tutti gli alfieri del new metal, dagli Slipknot ai Mudwayne -e via discorrendo- nelle loro linde uniformi da macellai post-atomici, maschere e semi maschere, maquillage e sontuose ovvietà hollywoodiane. Non c'è più l'autentico trucco degli originali Kiss od il grandguignolesco teatro del supremo Alice Cooper di Billion Dollar Babies. Lo stesso fatto che queste cariatidi del rock'n'roll siano tornate a riciclarsi senza più un pizzico d'ironia è testimonianza lampante dello sfacelo artistico o dell'insofferenza comunicativa dell'heavy metal in quanto tale."
Esiste dunque nel terzo millennio una via "sensata" al metal, come fenomeno musicale e di costume? Sì, poiché l'articolo non è così one-sided da pretendere la rimozione acritica di un genere che può avere ancora un perché. Per sapere quale sia questa via andatevi però a leggere la rivista, ok? Anticipo solo un nome, che condivido al 200%: Sunn O))).
Oggetto numero due: Trovato per caso, acquistato per sfizio, esposto in camera da circa sei ore per puro feticismo musicale. Trattasi di "Psicologia Contemporanea". Se vedete la copertina capirete il mio improvviso interesse per la materia. Scherzi a parte, a suo tempo ho studiato psicologia cognitiva, ma ho sistematicamente rimosso tutto. L'articolo pubblicizzato in copertina ("Satana nella mente") mi ha attratto unicamente per il tipo di rivista che lo ospitava. Avessi trovato un titolaccio simile su "TV Sorrisi e Canzoni" l'avrei chiaramente lasciato sullo scaffale. Orbene, ad una prima lettura di psicologico o sociologico c'è veramente poco (se non una somma di statistiche tendenziosamente volta ad avvalorare le tesi cielline sulla famosa "musica del diavolo"). Tra citazioni di Marilyn Manson, Death SS, Mercyful Fate e aneddoti francamente inutili su Aleister Crowley il fil rouge dell'articolo si svela inesorabile ed avvilente: "la musica satanica fa proseliti del diavolo", sembra dire in una compressione Bignamizzante. E questo mi sconforta. Se anche l'accademia, gli studiosi (che dovrebbero essere "quelli seri", cazzo; non i beghini scout o i "genitori della domenica"), gli psicologi (in questo caso Jolanda Stevani) non sanno fare altro che ripetere a pappagallo le cieche banalità di pagliacci come Carlo Climati (non a caso tra i "pensatori" citati nella bibliografia) allora siamo messi MOLTO MALE. Non in una riga, non in un passaggio logico dell'articolo si avanza il più semplice, ragionevole e fondato dei dubbi, tanto forte da smontare ogni castello in aria chiamato "rock satanico": "sappiamo distinguere tra realtà e finzione?". Questo è il nodo. Ma non vale solo per l'imberbe giovincello in fregola per le emozioni forti. Vale anche per chi "seriamente" considera i testi di King Diamond come atti di devozione al demonio. Quando sento (leggo) gente (accademici, ripeto) ragionare così e prendere fischi per fiaschi mi chiedo se non siamo inchiodati ai tempi pionieristici del cinematografo, in cui la gente scappava dalla sala di proiezione perché vedeva un treno andar loro incontro. Era un film, caro psicologo. Finzione. Inutile e stupido montarci su il caso dei "treni assassini". Si legga comunque per intero l'articolo (fotocopio io...) e ci si soffermi sui qualunquismi terroristici infarciti di cliché, non ultimo la tecnofobia tanto cara ai cattolici: "Il contatto con il satanismo può quindi iniziare dall'ascolto di musica di un certo tipo, magari sotto l'indicazione di amici. Il passaggio successivo consiste nel dedicarsi alla traduzione e alla comprensione dei testi. Da qui a navigare in Internet, dove sono presenti in abbondanza siti satanici in piena regola (...dunque?, NdJV), il passo è davvero breve, per non parlare poi delle chat (perché non parlarne? NdJV), dei forum, dei newsgroup e di tutte le altre alternative di comunicazione virtuale alle quali è possibile accedere con estrema facilità. Proprio in Internet, secondo alcune ricerche (quali? Manuale del giornalista, capitolo uno: citare le fonti. NdJV), sarebbero maggiori le istigazioni a comportamenti devianti e criminali di impronta satanista, data la difficoltà di esercitarvi un controllo; basti pensare che sono stati contati circa 250.000 siti che si occupano di satanismo".
Paura, eh? Ricordate anche di non accettare caramelle dagli sconosciuti e di non toccarvi, sennò diventate ciechi. O psicologi.
Ok, ora tutti a nanna. Spero abbiate gradito le fiabe di stasera.
Dimenticavo: oggi era la festa del papà. Auguri a chi lo è, il solito monito a chi lo vuol essere: ripensateci. Mettere al mondo un figlio oggi è un atto di irresponsabilità, non di amore. Basta col mito obsoleto della procreazione come necessità biologica, dovere morale e gesto di altruismo. Apriamo gli occhi e rendiamoci conto che in un mondo che muore (e noi l'abbiamo ucciso, nessun capro espiatorio) l'unica eredità per il nascituro sarà quella dell'agonia.
Buonanotte.
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