BASTA TEOCRAZIA: fuori Dio dallo Stato e dalla Pubblica Istruzione!
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30 aprile 2008

Fiamme tricolori

E insomma ci risiamo. Mi sono preso 15 giorni sabbatici per metabolizzare il ritorno al vecchio che avanza. Vista l'alternativa Veltroniana ho poco da piangere.
Certo, l'idea di Schifani come Presidente del Senato mi fa venire i brividi. L'idea dell'infartato verdolino coi fucili carichi anche peggio. L'idea di una Roma nera ed orgogliosa di esserlo che saluta il nuovo podestà col braccino alzato non mi fa quasi dormire (ma anche qui: aveva senso giocarsi Rutelli come ultima carta?). Idem per l'idea dei fanatici del liberismo che ora vogliono statalizzare il "vuoto a perdere" chiamato Alitalia (un tantino contradditorio?) o venderlo a Trenitalia (altra idrovora che annovera più dirigenti che manutentori) pur di non cedere ai francesi e -illusoriamente e demagogicamente- di "salvare" preziosi posti di lavoro. Vorrà dire che inaugurerò il nuovo corso eliminando le idee, come la Guida TV (l'imminente Nuova Costituzione) presto prescriverà.
Hanno vinto. Che governino. E che chi ha preso sonori calci nel di dietro re-impari almeno a fare opposizione, visto che stare dall'altra parte della trincea non gli è riuscito proprio bene.

Salto logico dai ritorni di fiamma (ehm..) in politica ad analoghi ritorni, ma in altra immondizia. Quella che tieni fuori casa, non dentro.
Tra le recenti curiosità, avevo già letto che vendevamo rifiuti alla Germania, ma non sapevo che Paesi civilizzati come la Svezia li comprassero, tra gli altri, proprio dalla Germania. Ricapitolando: molte città italiane annegano nei rifiuti, e noi paghiamo perché qualcuno li prenda e li venda a sua volta a terzi. Venderli direttamente noi no?
No. Evidentemente è più facile perdere soldi ma guadagnare consensi da una parte e continuare ad appaltare termovalorizzatori dall'altra, con la scusa che "nei Paesi ganzi" ci sono. Sì, Danimarca e Svezia li hanno, ma incenerire lì è anche severamente tassato per un semplice fine: perché si abbia un ulteriore incentivo a "riciclare", non "termovalorizzare". E il riciclo tocca percentuali altissime rispetto al falò delle vanità (e delle polveri sottili). Ma non viene detto spesso.
Come non viene detto che "valorizzare" è un termine usato a sproposito. Lo dice il buon senso, che il "riciclo" e il "riuso", non la distruzione, sono una valorizzazione di qualcosa che non serve più. Valorizziamo almeno il buon senso, allora.
Chissà perché la Commissione Europea avviò a suo tempo una "procedura di infrazione" contro l'Italia per gli incentivi dati per "produrre energia" bruciando rifiuti inorganici considerati molto italianamente "fonte rinnovabile" (non "recuperi" rifiuti inorganici bruciandoli: li "smaltisci").
Forse era solo invidiosa del "made in Italy".

Update dell'ultim'ora: Notevole il discorso di Fini (neo Presidente della Camera) appena sentito per radio... Riguardo al 25 aprile l'ex balilla ci fa sapere che è il "relativismo culturale e morale" il vero rischio per la nostra libertà, mentre il fascismo (senza nominarlo, perché i parenti son parenti) è "solo" un ricordo sepolto del novecento che lo ha generato. Casini applaude convinto. Taluni si saranno chiesti come mai il Duce non è stato citato come "grande statista che ha bonificato tante terre inospitali e ha insegnato la gloriosa lingua italiana ai negri mangiabanane". Talaltri (tipo io) si chiederanno quale sia il ragionamento che porta Fini a definire relativismo culturale e morale "pienezza di diritti e assenza di doveri e finanche di regole" e a sedersi accanto a certi ceffi il cui passato/presente è più che eloquente.
Mah, forse ce l'aveva coi soliti omini con la barba.
Se il buon giorno si vede dal mattino meglio tornare a letto. Col manganello tra le chiappe, come il signor Gianfranco.

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15 aprile 2008

Goodbye Lenin

Sappiamo come è andata. Per chi fosse stato distratto da qualche reality i risultati delle elezioni sono questi.
Amareggiato?
Certamente .
Sorpreso?
Relativamente.

Non mi stupisce più la noncuranza con cui gli italiani ("i" minuscola) affidano la cosa pubblica a un piazzista coi tacchi e i capelli di nylon. Sanno che è un bastardo mafioso, piduista, geneticamente predisposto alla corruzione, arrogante come un gerarca ed ignorante come un sasso. Lo sanno da 14 anni. E lo hanno eletto per la terza volta. Lo sanno anche quelli della (neo) opposizione. Anche loro da 14 anni. E in tre legislature non hanno fatto niente di quanto un ineleggibile come lui meritasse: l'antiBerlusconismo si è rivelato negli anni un mero argomento elettorale. Il conflitto d'interessi è lì, splendido splendente, per la terza volta. Rete 4 pure.

Se ci sono delle domande (ma molte di più sono le risposte, per chi le vuol sentire), esse sono essenzialmente due: come abbia fatto a trionfare ancora una coalizione di razzisti, post-fascisti e mafiosi e come abbia fatto a sparire nel nulla la sinistra*.

La prima è facile facile.

L'Italia delle urne è quella reale: prona ai sensazionalismi, furbega ("furbo una sega"), credulona, arrivista, superficiale, xenofoba, conservatrice, baciapile, banale.
Un italiano su due è così. L'italiano che vive al di sopra delle proprie possibilità, sballa in discoteca, si droga di fiction, si incazza con l'insegnante del figlio (bullo, figlio di bullo cresciuto a ideali paninari e puntate di "Drive-In"), si sganascia col Bagaglino, compra "made in Italy" fatto in Polonia, è davvero convinto che le radici culturali dell'Europa siano cristiane, schifa i cinesi ma ne tiene trenta in un tugurio a lavorare in nero, considera il mercato la panacea di tutti i mali, si sente libero (di essere infastidito dalla libertà altrui), legge i quotidiani solo se stampati su carta rosa e i libri solo se con titolo in rilievo, denigra chi gli sta sotto e lecca chi sta sopra, sgomma col gippone e lo parcheggia in doppia fila perché lui non può aspettare (e come si incazza se gli fai notare che non è proprio corretto), non fa e non vuole fattura, canta l'inno a squarciagola per farselo venire duro, ritiene il pensiero critico inutile e dannoso, ha più telefonini che parenti, la domenica va a messa e il lunedì a puttane, loda la meritocrazia ma è un raccomandato, confonde "mercato" con "monopolio", dice "tuning" e "briefing" senza sapere cosa significhino, dice "piuttosto che" sapendo cosa significa ma non come usarlo. Un italiano su due è convinto che alternanza significhi alternativa. E ha la memoria corta. Così corta che l'ICI tolta al 40% delle famiglie da Prodi, quando il provvedimento scatterà nel prossimo autunno, lo considererà un dono di Silvio.
Stereotipi o statistiche? Un italiano su due ha comunque ri-ri-votato Silvio, e dopo 14 fottuti anni non mi interessa più indagare. Non sono un filantropo. Né un etologo.

La seconda è difficile solo all'apparenza.
Le concause sono diverse e tutte più o meno evidenti. Eccone alcune, a mio modo di vedere.

- Campagna elettorale blanda e fuori centro: il mondo cambia e le "masse operaie" sono argomento consunto, necessario ma non sufficiente. La sicurezza sul lavoro è stata sopravvalutata, tanto da essere stato l'unico ritornello da sinistra. Assieme alla "necessità" di avere una terzo elemento accanto a due grandi schieramenti tra il moderato ed il trasformista. Vero, ma -ancora una volta- non basta. E non è un programma.

- Quadro dirigenziale da rinnovare.
Non perché l'età in sé sia un problema, ma per sottolineare una vitalità interna che, purtroppo, non c'è.

- Stupido frazionamento. Dissidenti come Turigliatto, ma non solo, hanno reso il post-comunismo una barzelletta, un'automobilina che viaggia contromano a fari spenti.
Da uno a tre, gli orfani del PCI hanno perso l'ennesima occasione di raccogliere almeno le briciole lasciate da Berlusconi, "ma anche" da Veltroni. Anzi, soprattutto da Veltroni. Che ha pigiato sul pedale del voto utile fino alla nausea. Utile a cancellare la sinistra e a far comunque perdere il (chiamiamolo) centrosinistra.

- Squadra elettorale improvvisata. Come altro definire l'inspiegabile e tardivo apparentamento coi Verdi, in particolar modo con Pecoraro Scanio (per giunta inquisito dell'ultim'ora)? Punti in comune: il no al nucleare, forse. Magari anche la TAV. E poi?
Un ambo che puntava alla quantità, e l'ha mancata miseramente.

- Fisionomia culturale regionale e nazionale che ha favorito altri elementi politici.
Un operaio toscano vota comunista perché "è comunista", che le cose vadano bene o male. Un operaio lombardo vota comunista finché gli conviene, poi vota Lega. Perché è "lombardo", non comunista.
Lo stesso dicasi, e stavolta su scala nazionale, per chi ha continuato a credere nella giustizia (fiscale e non solo) e si è visto disilluso: dalla sinistra è passato a Di Pietro, fosse anche solo per dare un "voto utile" ed antiBerlusconiano ma senza appoggiare direttamente Veltroni. Ecco motivato anche il mio voto disgiunto nel caso della Camera.

- Due anni di (non)governo, di accuse da tutte le parti e di timori reverenziali trasformatisi in inerzia. Bruttino come curriculum.
Se gli "altri" vedevano la sinistra come una serpe in seno è anche vero che non è stata lei a far fallire l'armata Brancaleone di Prodi: è stato un certo Mastella (la memoria è corta anche qui). E' lecito anzi pensare che la sinistra semplicemente non abbia "fatto abbastanza", in quella coalizione. L'avesse fatta crollare lei, avrebbe almeno dato prova di esistere. Niente. Nessuno dei punti importanti, firmati anche dalla feccia Mastelliana e centrista, è stato veramente affrontato. La foto più recente che si aveva della sinistra era quindi sbiadita, inoffensiva, grigia.

Dopo il 3 e mezzo raccattato diamoci dei compiti a casa: ripartire da zero, ripassare i fondamentali, scendere in strada (guardando oltre la propria kefia), capire se, come e perché l'eredità della sinistra debba essere rielaborata. Queste sono le priorità. Lo sono in quanto non c'è altra via per rientrare in Parlamento al prossimo giro.
Ammesso che lo si voglia davvero fare e che esista ancora un Parlamento, tra cinque anni di repubblica "presidenziale".

* Una delle prime chicche regalate oggi dal Berlusca è che "la sinistra in Parlamento c'è, e si chiama PD". Inguaribile cazzaro maccartista.
Da bravo Don Chisciotte, senza i suoi mulini a vento, è costretto a immaginarseli.

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14 aprile 2008

Prime amenità

Cronache dal bel Paese, per farsi due risate prima del magone postelettorale...
Direttamente dal sito di Repubblica:

- "Alla signora Mastella, il cellulare ha squillato proprio mentre votava, nel seggio di San Giovanni, a Ceppaloni (Benevento) e la polizia, di cui è stato chiesto l'intervento, ha dovuto accertare che si trattava di un telefonino privo di fotocamera."

- "Un piccolo imprenditore di Sorrento, Ciro D'Esposito, ha inscenato una colorita protesta: dopo aver ricevuto la scheda elettorale, ha iniziato a strapparla, lentamente, e a mangiarla a piccoli pezzi. Bloccato dagli agenti di polizia, è stato denunciato in stato di libertà. La notizia del gesto ha immediatamente fatto il giro della città ed è subito cominciata la consultazione della cabala per giocare i numeri al lotto."

- "Il sindaco di Portoscuso, Adriano Puddu, candidato alla Camera per il Partito Sardo d'Azione, è stato aggredito e picchiato davanti al seggio elettorale di Paringianu da uno psicolabile."

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13 aprile 2008

(Ri)Piani quinquennali

E insomma, dai e dai siamo arrivati al voto.
Premesso che di voto "utile" c'è solo quello dato con coscienza, quindi anche quello nullo (e dimenticando per un attimo chi spala cacca sul Presidente della Repubblica e vuol far fare i test di sanità mentale ai PM, chi rivendica il Cristo -o l'utero altrui- come proprietà privata, chi ha ancora il coraggio di parlare di conflitto di interessi dopo 14 anni di inerzia, chi carica i fucili convinto che la Bastiglia sia a Roma, e via dicendo), vi chiedo: secondo voi che percentuale sarà quella dell'astensione?
Io butto là un 30%.

Chi si avvicina di più vince una poltrona. Antipolitica ma comoda, direttamente da camera mia.
Da lunedì sera non mi servirà più, dovendo vegliare in piedi per difendere quel poco che ho dal nuovo nemico (nero, rosso stinto o bianco-comunione che sia) e dai suoi prossimi cinque anni di non-governo.
Fucile carico, occhio sgranato e dignità sulla mensola buona.

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05 aprile 2008

News sul Combo

La trasferta promozionale milanese è stata un'esperienza troppo veloce per poterla apprezzare appieno. Mi è costata come un Gods of Metal e non ho fatto in tempo a godermela, fatta eccezione per la simpatica cena con Julio e Valeria (Halidon) e una puntata da Mariposa e FNAC (vedere foto).
In più Milano mi odia. Non so di preciso perché, visto che io non le ho fatto niente. Ma tra l'antipatia della gente incrociata in centro e gli allucinanti spostamenti notturni a fianco di tipi da film noir (o nazi-porno, a seconda delle ore e della zona) credo che tornerò lassù solo per la reunion degli Abba. Che sappiamo tutti non avverrà mai; specie ora che è schiantato il batterista.
Varie news le trovate sul nostro MySpace (presto aggiungeremo dettagli sulla distribuzione in due/tre paesi europei), ma le cose più recenti e più soddisfacenti le potete leggere qui:

- VIRUS: (rivista di cinema horor tedesca) recensione (voto: 9/10) ed intervista.
- ROCK HARD (Italia): recensione (voto: 10/10, "Dynamit Album") ed intervista.

Tiratina d'orecchi a Rock Hard, che prima ti fa ventimila domande e poi trancia via le risposte più personali, in favore di quelle di routine. Essendo questo uno spazio libero senza problemi di impaginazione mi prendo la libertà di riportare alcune delle risposte a cui tenevo (perché sono campione intercondominiale di polemica):

(ROCK HARD) Com’è stato accolto il singolo dal pubblico metal? Credete che ci voglia un po’ di apertura mentale e di ironia per accettare queto progetto?
(J.V.) Per ora benissimo. E sì, il “doppio pubblico” pone questa necessità su entrambi i fronti. Bisogna essere un po’ smaliziati, anziché chiudersi a riccio e tacciare di “demenzialità” qualunque cosa non rientri immediatamente negli schemi precostituiti dei “generi”. Credo sia fattibile, visto che di base nessuno nasce col paraocchi.
Io stesso mi sono trovato quasi per caso a cimentarmi con stili che per anni ho detestato, per mia stessa chiusura mentale: più di vent’anni di metallo da ascoltatore (e da strimpellatore quando suonavo nei Tombstone) avevano lasciato il segno. Ma più andavo avanti più ci credevo e mi divertivo. Per citare un noto filosofo occidentale, oggi sfigurato dal botulino, “se io posso cambiare, tutto il mondo può cambiare”.
Scherzi a parte, l’apertura mentale era un fattore di preoccupazione per me, soprattutto all’inizio. Poi ho scoperto con gioia che la gente capisce, sta al gioco ed apprezza se fai le cose con dedizione e rispetto. Talvolta le frange di metallari più estremi sono state quelle più “avanti” in questo, ai danni di sparuti “defenders” tali solo nel nome. Un rapporto di cento ad uno che mi ha confortato, essendo cresciuto a pane e thrash/death…
Nel pubblico metal, guardandomi intorno, vedo tante contraddizioni a volte divertenti: un gruppo “si ripete inutilmente” se non ti piace, mentre se ti piace diventa “coerente”; se ti metti il rossetto e ti gonfi i capelli sei un “poser”, mentre se ti fai fotografare nudo, con un’ascia in mano in mezzo ai boschi sei “true”; se fai assoli e cambi di tempo a razzo puoi essere un “funambolo” (il solito caso del gruppo che ti piace) oppure un “esibizionista senz’anima”; dici che il metal è la musica più bella del mondo ma la vuoi ascoltare soltanto tu, e se succede il contrario è perché quel gruppo si è venduto; dici che la scena va supportata e poi l’unica musica che hai in casa è l’hard disk del tuo lettore MP3; dici che ti piace solo il “true evil black metal” e la tua band preferita è il progetto di un nerd con gli occhiali dal nome impronunciabile e cattivo, che scopiazza temi di musica classica con la tastierina midi (però abita in Lapponia); ti lamenti della scarsità di concerti e poi esci di casa solo per andare al multisala di zona; rifiuti l’uniforme della giacca e della cravatta per indossare quella delle toppe e della cartucciera; critichi la scarsità di nuove uscite di livello ma spendi miliardi in ristampe di gruppi anni ‘80 (che allora facevano pena a tutti, ma ora diventano “di culto” se tuo fratello maggiore non li ha mai sentiti nominare e sei nato dopo il loro scioglimento); ami le bands “progressive” ma pretendi che suonino sempre allo stesso modo; detesti le etichette ma non ti puoi far mancare l’ultimo capolavoro di “ritual dark post-apocalyptic pagan grim minimal-electro folk” che la casa discografica “giusta” strombazza sui giornaletti. Visti dal di fuori siamo buffi, dai.
Io stesso non so quante volte mi sono accorto di cadere in questo errore dei due pesi e delle due misure. E’ un misto di ingenuità e mancanza di obiettività, e in fondo è bello anche così. Non siamo macchine programmate per il pensiero unico, almeno.
L’apertura mentale e l’ironia potrebbero comunque risolvere anche queste ambiguità più generali ed insegnarci a prendere le cose per quello che sono, senza atteggiamenti integralisti seriosi quanto immaturi. Ci vuole Dis-Impegno…

(ROCK HARD) Avete deciso di proposito di mantenere gli stessi testi originali perchè i brani fossero riconoscibili o a volte avreste voluto cambiare qualcosa?
(J.V.) Beh, i brani sono quelli ed i testi sono importanti quanto la musica. Non avrebbe avuto senso stravolgerli, anche se qualche piccola licenza ce la siamo presa in fase di arrangiamenti. Ribadisco quanto ha detto Paco: è capitato anche a me di leggere frasi del tipo “prendono spunto da brani metal” o “qui non c’è niente di metal”… Dio mio, “sono” cover di brani metal e “sono” adattamenti ad altri stili, quindi è OVVIO che “non ci sia metal” in senso strumentale/esecutivo, quanto è OVVIO che le canzoni siano però sempre quelle.
A “tutela” di chi non ha nemmeno riconosciuto la paternità di certi pezzi stranoti, forse per via di un orecchio poco allenato (o semplice ignoranza), è bene che almeno i testi rimangano quelli che sono. Magari canticchiandoli a oltranza riescono a capire la differenza tra “spunto” e “canzone”.

(ROCK HARD) Dovendo fare un altro album continuerete a scegliere delle cover o scriverete del materiale originale? Nel caso sceglieste delle cover ancora per che cosa optereste?
(J.V.) Mai dire mai, però al momento mi trovo bene così. E’ la distanza tra il materiale di partenza e quello di arrivo ad essere interessante, per cui mettersi (di nuovo, per alcuni di noi) a fare metal vero e proprio o suonare brani latin jazz originali sarebbe un po’ come tornare indietro e rinunciare a questo gioco di contrasti che, ci tengo a precisarlo, esula dalla logica tipica della cover band messa su solo per poter suonare qualche data.
“Cover” per me significa “reinterpretare e ricontestualizzare”, non “copiare ed incollare”, quindi non è un termine di cui mi vergogno, né mi spaventa l'essere etichettati come “cover band”. A patto che si sappia distinguere una fotocopia da un ritratto (che ha uno stile sempre diverso, a seconda della sensibilità e delle capacità dell’artista), ovvio.
Alcune bands partite con un’idea concettualmente simile alla nostra hanno fatto scelte che non so se farei: gli Apocalyptica ad esempio. Per bravi che siano mi piacquero di più all’esordio, quando suonavano solo cover dei Metallica (ed alcuni magazines ortodossi fino alla nausea li stroncarono per partito preso, perché il “sacro metallo” non si tocca…). Quattro violoncellisti che scapellano suonando classici thrash: per me il bello stava lì. Da quando hanno optato per lo scrivere brani propri non mi pare abbiano fatto nessun salto di qualità; anzi, in certi casi mi sono sembrati meno efficaci ed interessanti.
A parte i Judas, che saranno protagonisti della prossima uscita, proveremo a dare un fratello a “Tropical Steel”. Varieremo la gamma degli arrangiamenti e magari prenderemo in considerazione anche bands minori, come Fastway, Riot e Grim Reaper (non smetterò finché non avrò convinto Paco a rifare “Trick Or Treat”, “Thundersteel” e “Fear No Evil”), o i pionieri del metal estremo: Hellhammer, Possessed, Autopsy e compagnia insanguinata.

Giustizia fatta per il mio ego belluino.

...Hasta la Muerte!

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04 aprile 2008

Voi siete qui 2008

Elezioni 2008. Io sono qui. E tu dove sei?Si avvicina la farsa delle elezioni 2008. Alzi la mano chi non ha perso la fiducia in chicchessia. Da una parte i soliti azzeccagarbugli si barcamenano azzannando il corpo di Cristo (rivendicando cioè che il pio italiano medio "deve" votare lì e non di là, se davvero crede). "Prendete e mangiatene tutti", insomma.
Dall'altra parte improbabili cromatismi (tipo verde e rosso, che fa tanto Ternana quanto teatro dell'assurdo).
Dall'altra ancora gli esegeti del "ma anche", ormai definitivamente trasmutati in trasformisti medi e mediocri. Buonisti, centristi, buonsensisti, "isti". Il loro cavallo di battaglia: risolvere il precariato dando contentini in busta paga (un po' come risolvere una guerra spuntando le baionette). Im-pagabili bontemponi.
Last but not least il buffo Ferrara, al di fuori di ogni reale collocazione politica (non meno di un immaginario "partito del decoupage nei giorni dispari"), che gioca allo schiaffo del soldato con la decenza. Perde, ma non si dà per vinto.

Indeciso se votare nullo, astenermi o candidarmi come volto nuovo dell'antipolitica con un progetto ben preciso (la dittatura delle massaie) ho compilato il solito test "E tu dove sei?", già provato un paio di anni fa. Nessuna sorpresa. Tendenzialmente i fatti dicono che sono un po' "rifondarolo", un po' "sinistro critico" e un po' "comunista dei lavoratori".
Agli antipodi, e questo forse un po' sorprendente lo è, non trovo il Nano malefico o i suoi amici razzisti/fascisti, ma il devoto Casini (quello che vive in una coppia di fatto ma non vuole che voi facciate altrettanto. Amen).
Che stia diventando destrorso pure io? Comunque, meglio "orso" che "ista", verrebbe da pensare.

La par condicio mi impone di spendere una parola giusta per la destra ed una per la sinistra.
In uno slancio di spirito democratico, ci provo.
"Bastardi".

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