BASTA TEOCRAZIA: fuori Dio dallo Stato e dalla Pubblica Istruzione!
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21 maggio 2009

Reality of the dead

Ci sono sogni che si realizzano, o quasi.
Immaginate il set del Grande Fratello.
Dentro, i soliti inetti, iposenzienti e farneticanti.
Fuori, l'apocalisse zombi.

Il sogno, prevedibilmente, è che i morti viventi dilanino e divorino i subumani del GF in men che non si dica.
Purtroppo ("p" maiuscola) tale evenienza si tradurrebbe in un cortometraggio di 30 secondi circa. Non abbastanza da ricavarci una miniserie come "Dead Set", trasmessa nel Regno Unito a fine 2008.
Se riuscite a digerire l'idea che gli abitanti della casa non crepino al primo fotogramma, godetevi i cinque episodi della serie.

Zombi veloci stile "28 Giorni dopo" (o, prima ancora, "Incubo sulla città contaminata"), un po' di effetti digitali (sempre non indispensabili, ma almeno non fanno danni), buona regia, cast degno e sporadici omaggi a "Day of the dead" (soprattutto nella quinta puntata).
I tipi della casa sono tratteggiati abbastanza bene, con menzione speciale per l'ebete Pippa (complimenti per la scelta del nome), un'oca intollerabile, e Patrick (il regista dello show), viscido ed arrogante, ma con dei gloriosi baffi a manubrio.

Per essere un prodotto televisivo niente male davvero.
Certo, la mia idea di morti viventi prevede maggiore claustrofobia, zero computer e quintali di frattaglie in più, ma non vedo di meglio in giro.
Considerate che viviamo tempi così grami per l'horror di un certo livello che il quinto film di zombi di Romero ("Diary of the dead", 2007) da queste parti non ha avuto distribuzione; né nelle sale, né tantomeno nel mercato home video. Mentre impazzano le cazzate in 3D e gli inutili remake, disossati e rimasticati, per spettatori sempre meno esigenti.
Non ci rimane che la perfida Albione per consolarci. Perfida per modo di dire: mentre noi italiani ci sorbiamo orge di pacchi, placebo enogastronomici e oscillanti troie seminude in prima serata, alla TV britannica può anche capitare di vedere di questi buoni prodotti. E non ditemi "hey, ma ci sono anche le fiction americane", per carità: pappette verbose e teenageriali come "Jericho", per rimanere nell'ambito sci-fi/horror, ve le lascio volentierissimo.
Come per Romero, quindi, scaricare, visionare e poi acquistare in copia import (la serie è già disponibile in DVD).



A breve auspico Hannah Montana (o una qualunque altra videoteenager di eguale risma), divorata da termiti giganti, seguita dal cast di Amici alle prese con un'epidemia di lebbra.

Si accettano copioni.

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05 maggio 2009

Jolly Roger EP Fest

09/05/2009
JOLLY ROGER EP FEST
KE ME MEO - Via dell'Industria, 24 - Argelato (BO)

Orari gruppi:
BUD TRIBE 24,00 – 01,05 (65 minuti)
FOLKSTONE 22,50 – 23,40 (50 minuti)
ROSAE CRUCIS 21,40 – 22,30 (50 minuti)
LONGOBARDEATH 20,40 – 21,20 (40 minuti)
TRINAKRIUS 19,45 – 20,25 (40 minuti)
TIR 18,55 – 19,30 (35 minuti)
DRAUGR 18,20 – 18,40 (20 minuti)
KURNALCOOL 17.30 – 18.05 (35 minuti - suonano per primi a causa della doppia batteria...)

Direttamente dal MySpace del Festival:

- Apertura porte ore 17.00
- Per i primi 100 ingressi è disponibile inoltre un buono-rimborso di 5 euro utilizzabile per l'acquisto di materiale presso lo stand della Jolly Roger Records, presente all'interno del locale. Grazie alla Roadrunner Italia e alla Neece Agency avremo anche dei gadget per i primi 50 che arriveranno! Quindi affrettatevi ed accorrete fin da subito!
- Saranno esposte le tavole del disegnatore Enzo Rizzi (Rock Hard) che raccontano a fumetti la storia di gruppi capisaldi del rock duro.
- Troverete all'interno del locale anche la fanzine relativa al festival, 16 pagine tutte a colori, contenenti interviste alle band, recensioni e tanto altro!
- All'interno del locale previste aree relax con sedie e tavolini e servizio bar (bibite e panini). All'esterno del locale, in uno spazio recintato, è prevista l'area fumatori (e vai! NdJV).

L'ingresso è di soli 5 euro. Non ci sono tessere né altro, per cui INGRESSO EFFETTIVO a soli 5 euro.

Altre info qui.

L'idea di un festival del metal in italiano mi prende il giusto e di un paio di gruppi non mi importa veramente niente. Però posso rivedere i Longobardeath (simpaticissimi Motörheadiani persi in versione "lumbard"), con cui ho suonato a Milano con il Combo.
E soprattutto, dopo più di vent'anni da quando li scoprii, riuscirò finalmente a vedere dal vivo i Kurnalcool... Quasi quasi mi porto dietro i demotape e glieli faccio autografare!

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02 maggio 2009

Gianni Della Cioppa: un esempio di professionalità...

Molte persone mi stanno genericamente sulle balle (cialtroni, ipocriti, falsi, opportunisti), ma se alla fin fine non mi fanno niente di male tiro dritto per i fatti miei.
A volte invece danno fastidio a qualcuno che conosco. La cosa già mi irrita di più, per cui di solito cerco di far sentire la mia voce, non fosse altro, per solidarietà.
Poi c'è chi si spinge un tantino oltre, recando un danno a me. Vuoi materiale, vuoi emotivo. E lì, fatalmente, tendo a perdere il lume della ragione.
Gianni Della Cioppa, gloriosa firma del giornalismo (?) metal italiano, appartiene a tutte e tre le categorie. Vi spiego il perché.

1- Come giornalista mi sta sulle balle per il suo ossessivo culto aprioristico e non oggettivo degli anni '80 e per gli atteggiamenti tra il paternalistico e lo spocchioso che ne derivano. Trasudano dal sito della sua etichetta (Andromeda Relix), dai suoi articoli (ovunque essi appaiano) e dal suo libro sul metal italiano (di cui ho già parlato qui, e sui cui errori ed orrori, ortografici e non, non intendo più ritornare).
2-
Come discografico si è effettivamente comportato male con qualcuno che conosco. Si scorra in basso per rendersi conto dell'atteggiamento che tiene con le sue stesse bands. Il gruppo in questione sono i Renegade.
3-
Ancora come giornalista, ha fatto un torto personale a me, rubacchiando materiale da me realizzato a titolo gratuito, spacciandolo per suo e vendendolo in edicola. La classica goccia.

PUNTO UNO.
Glisso in parte: leggetevi il post sul libro, quindi magari il libro stesso o gli articoli di Gianni (uno vale l'altro), e fatevi un'idea. Anche le pagine del sito dell'Andromeda ospitano chicche niente male*.
Comunque la pensiate, converrete con me che il mondo non è finito nel 1989 e che l'arroganza, alla lunga, non paga mai.

PUNTO DUE (applicazione pratica, specifica, del PUNTO UNO).
Mesi fa, a seguito di certe esternazioni stupide, vigliacche ed evitabili sui Renegade (poi spacciate per "uno scherzo", "una baggianata", "una battuta", come Berlusca insegna), feci sapere al Della Cioppa via mail quanto pensavo.
Per dovere di cronaca (l'etica giornalistica lo impone, anche se IO non ho la pretesa di essere un giornalista), riporto ciò che il saggio esperto del metal italiano scrisse sul proprio sito riguardo al gruppo, il cui esordio era stato pubblicato proprio su Andromeda. Le seguenti parole comparivano all'indomani della firma dei Renegade per un'altra etichetta, la My Graveyard Productions, quindi suonarono (non solo a me) ancora più antipatiche e fuori luogo:

"RENEGADE "Too Hard To Die" (AND 16, 2006) Con questi ragazzi di Firenze le cose sono state semplici, ci hanno proposto il master pronto (che ci è piaciuto ovviamente), anche dal punto di vista grafico, noi abbiamo aggiunto solo alcune note legate all'etichetta ed in pochi mesi, il Cd è stato pubblicato. Purtroppo la band ha suonato poco dal vivo, riducendo le vendite al loro giro di amicizie ed ha pensato più a scrivere nuovo materiale per un altro Cd (che ci ha proposto e che noi abbiamo candidamente rifiutato, per evitare di ritrovarci un altro titolo invenduto in casa), piuttosto che cercare di far girare "Too hard to die". I Renegade sono bravi ragazzi, ma come molti loro colleghi, non hanno capito che oggi le dinamiche del mercato discografico sono cambiate, non è più la label a vendere i Cd, ma la band stessa, suonando e suonando e suonando in concerto. Certo che quando ho sentito il cantante confidarmi "A me questi mi fanno cagare..", è stata dura non aver voglia di prendere i loro Cd e buttarli nelle fogne. Chi erano? I Diamond Head a cui facevano da spalla."

Gli scrissi, in modo molto diretto ed incazzato. E feci riferimento anche alle altre perle di saggezza dispensate sul suo sito, in cui faceva la morale ai gruppi giovani, perché non hanno voglia di spaccarsi le ossa nei localacci a gratis, di fare la gavetta, di rinunciare a lavoretti precari in nome del Dio Rock, perché -in sintesi- non avevano le palle delle eroiche formazioni degli anni '80. Eroi che difatti oggi si barcamenano tra lavori e lavoracci (perché le famiglie vanno mantenute, e questo sì che è da rispettare. Altro che pedigree del rock.) o sono ridotti a ex-tossicodipendenti rincoglioniti (troppo rock? Troppi "palchi sudati"?), o giocano a fare le reunion da reparto geriatrico per raccattare due lire con gente come lui sotto al palco.
Certo, Gianni, ci sono giovani che vivono il rock alla tua maniera, suonando 24 ore su 24, tra tour improbabili, side-projects, jam sessions e carrozzoni annessi. Solo che questi sparuti rockers hanno i soldi per farlo, ergo non hanno niente a cui rinunciare. Sono mantenuti, non eroi.
Critica quello che ti pare, ma l'idea che le palle le abbia solo chi rinuncia ad un lavoro per diventare il tuo eroe da fumetto mi pare davvero surreale. Nonché un pessimo consiglio da dare, di questi tempi.

Dato poi da chi, con un'etichetta tutta sua, non fa assolutamente nulla per i gruppi di cui, in teoria, parla.

Non fa
la grafica, non idea/crea/plasma il prodotto (gli viene consegnato già finito dal gruppo), non trova date, non promuove i dischi (se non con due bannerini e quattro mail) e costringe il gruppo a ricomprarsi centinaia di copie per avere il culo parato. Leggete le prime righe e capite che un'etichetta come l'Andromeda si fa dare una cosa già pronta e la fa stampare. In "mesi". A fronte di zero promozione, tanto vale che una band vada direttamente in tipografia: avrà il disco pronto in "giorni", non mesi, ed eviterà almeno di essere presa per il culo.

In più sta a sindacare se il gruppo vende abbastanza copie dal vivo, perché "è così che funziona". Lui, poverino, ha la passione del rock: che altro chiedergli? Promozione? Cretini noi, che ancora abbiamo quest'idea "vecchia" dell'etichetta discografica.
Riassumendo: tu fai tutto e lui ci mette il loghino della Andromeda Relix. Punto. E poi ti fa la morale.

Quanto a "prendere i loro Cd e buttarli nelle fogne", complimenti davvero. Penso che sia un'uscita che si commenta da sola. Capite? A un giovane NON piacciono i Diamond Head? Capite? Sacrilegio! Meno male che c'è il Della-Cioppa-pensiero, che tuona implicito: i Diamond Head devono essere venerati da chicchessia, altro che. Chi non lo fa è un cretino.

Tale strafottenza è confermata da altre Cioppate, tutte reperibili sul suo sito.
Immancabili ad esempio i "Non mandatemi i vostri demo tanto NON LI ASCOLTO". Strano, pensavamo fosse il sito di un'etichetta. Ma, come potete leggere più avanti, lui "non ha tempo".

Alle mie rimostranze, siccome a me certi atteggiamenti proprio non vanno giù, Della Cioppa rispose così:

"
Non so bene chi tu sia, ma rispetto quello che dici. (dopo aver esposto il lato eroico di un lavoratore di mezza età con la passione per il metal e le fatiche erculee nel far uscire dischi emerge la stizza dell'homo superior ed il registro cambia...) Non ho tempo per le querelle da quartiere. La mia moralità è nota a tutti da 30 anni e non mi serve la tua approvazione per avere la coscenza pulita e dormire tranquillo. Non spenderò più una sola parola su questo argomento, nè con te nè con nessuno.
Gianni (senza vendetta)"

Non ha tempo, lui. E' uno "morale", uno "con la coscienza (che si scrive con la "i", Gianni...) a posto". Non ha bisogno della mia approvazione. Lui che sa chi è, ma non sa chi io sia.
Come ho scritto altrove, io sono uno che dovrebbe ringraziare, poiché ho comprato per anni le riviste su cui scriveva, il suo libro sul metal italiano (bell'investimento), comprato e visto dal vivo le bands che ha recensito, fatto la grafica per una di quelle che ha "prodotto" (va beh, diciamo su cui ha messo il bollino).
Ecco chi sono.
Sei TU che devi dire grazie a quelli come me, "caro" Gianni. Senza quelli come me TU non esisti.
Ma forse è giusto: non sprecare il tuo prezioso tempo con me. Quanto scritto qui non necessita difficili interpretazioni e chiunque leggerà saprà che razza di borioso ipocrita tu sia, senza bisogno che ti lezzi le mani a rispondere. Né a me, né ad altri.
Ah, già che ci sono... "", si scrive con l'accento acuto, non con quello grave.

Per quanto riguarda l'"immacolata carriera", c'è sempre il punto tre...

PUNTO TRE.
Punto uno e punto due, da soli, non sono bastati a spingermi oltre le rimostranze via mail. Tutto sommato uno è libero di darsi la zappa sui piedi, no?
Poi, un paio di settimane fa, mi sono imbattuto in edicola nel numero due di Classix Metal, su cui il maestro di professionalità scrive, assieme al Fuzz (l'ideatore di "Kakka Metal" su Metal Shock, ma con l'età si è un po' ravveduto) ed altri nostalgici.
Avendo già apprezzato la prima uscita acquisto con gioia la seconda. In fin dei conti l'unica nota stonata del primo numero era una recensione del debutto dei Brutal Truth, proprio del Della Cioppa, a dir poco ridicola: egli evidentemente non ha mai avuto il piacere di ascoltare quel disco e si è dovuto barcamenare in dieci patetiche righe piene di assurdità ("idea sanguinosa di metal cadaverico (...) cloaca di riff intrisi di sangue infetto"), sbagliando i nomi dei componenti ("Dave Lilker") e paragonando i BT ai "Black Sabbath drogati con Iggy Pop come frontman" (termini di paragone che denotano età anagrafica e mentale di chi li ha partoriti).

Comunque, la gioia dell'acquisto scema appena mi imbatto nella (presunta) intervista alle Phantom Blue, realizzata, guarda un po', dal Della Cioppa. Suonava stranamente familiare.
Orbene, più di quattro anni fa io e l'Ammiraglio scrivevamo su Hammerblow, una webzine ora defunta. Oggi lui ha il suo blog, la sua webzine e collabora con Ritual (in vendita in edicola). Insieme realizzammo anche un'intervista via mail alle Phantom Blue.
Quale è il punto? E' che l'intervista che molti hanno letto questo mese su Classix Metal, sborsando 5 euro, è quella che NOI realizzammo nel novembre del 2004, GRATIS, per Hammerblow.
Il "signor" Della Cioppa l'ha tagliata, rimontata, ci ha messo il suo nome e l'ha venduta. Vi chiederete: "dove l'ha trovata, se Hammerblow non esiste più?". Semplice: nell'unico posto dove l'intervista era ancora archiviata: QUI.
Sul blog di uno che già lo ha in tanta simpatia.
Carino, nevvero? Plagia chi ti critica, e amen.

E chissà quanto altro materiale della rivista è stato riciclato con tanta dovizia di particolari, fonti escluse.
Esempio di professionalità, di moralità, di serietà.
E di attendibilità, visto che io e l'Ammiraglio potevamo anche essercela inventata, quell'intervista. Copiare da "signori nessuno" come il sottoscritto è come fare ricerca scientifica usando Wikipedia: in bocca al lupo.
Ho segnalato la cosa all'Ammiraglio (vedere qui) e anche lui non l'ha presa molto bene, ovviamente. Solo che è molto più diplomatico di me.

Insomma, non c'è due senza tre.
Cosa mi aspetto ora dal BarbaGianni e da Classix Metal? Nulla. Ho capito con chi ho a che fare e so di non essere degno delle attenzioni di Sua Maestà.
- Nel mio mondo ideale (dove i giornalisti non mettono la virgola tra soggetto e predicato verbale, per dirne una) chiederei almeno una pubblica ammenda, un trafiletto di scuse sul numero tre della rivista, per motivi molto semplici: LE FONTI SI CITANO, GLI ARTICOLI NON SI RUBANO. In seguito, le fonti utilizzate in OGNI articolo/intervista dovrebbero essere sempre apposte in calce.
- Nel mondo reale mi aspetto che non accada nulla. Anzi, prevedo reazioni stizzite, enfatizzate da manie di persecuzione, tipiche di chi crede di essere qualcuno. O pagliaccesche scuse, tipo "tanto il sito non esisteva più" (ma l'intervista , e non è comunque tua). O strategie evasive, tipo "beh, è naturale che le cose vadano così... son gruppi vecchi" (qualunque cosa possa voler significare).

Io non voglio ragionare con gente così. Mi fa schifo anche solo l'idea di provare a contattarla per sentire che dice.
Invertiamo le parti e facciamo che sono io il Marchese del Grillo, quello che "io so' io, e voi nun siete un cazzo".
Fai quindi quello che vuoi, Gianni. Non prenderti la briga di aggiungere commenti a questo post, casomai Google te lo facesse saltar fuori mentre surfi alla ricerca del "fratello del terzo bassista del seminale gruppo padovano dell'81 che spaccava il culo ai blasonati mostri sacri d'oltralpe e se non lo conosci non puoi dire di essere un metallaro".
Cancellerò automaticamente i tuoi eventuali commenti, e non cercherò il trafiletto di scuse sul tuo terzo pamphlet per metallari D.O.C., se mai ce ne sarà uno.
Non ho correttezza da offrire a chi non la merita. Non ho rispetto per chi non ne ha per me.
Non ho tempo
.

Ripassati un po' di grammatica e di sintassi, smettila di copiare, rispetta chi ama la musica ma non vive di illusioni infantili, impara a chiedere scusa a lettori, musicisti e colleghi quando fai una bischerata e abbassa la cresta. Sarebbe già un buon inizio.
In caso contrario, preoccupati solo di una cosa: a qualunque concerto o mostra del disco tu dovessi incrociarmi guardati seriamente le spalle. Stavolta hai davvero rotto il cazzo alla persona sbagliata.

Rassegnati amico, il rock è anche questo: faide tra poveracci.

------------------------------------
* In data 3 maggio, ovvero il giorno seguente a questo post, la pagina linkata ("info per i gruppi") viene curiosamente modificata, dopo anni. Impossibile perciò godere appieno degli imperativi "do's and don't's" di GDC: dal sempreverde "non madatemi demo" a quello che i gruppi NON devono scrivere per stargli simpatici ("non suoniamo come gli altri gruppi italiani", "non leggiamo le riviste specializzate", ecc.). Grossa perdita. Peccato.

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01 maggio 2009

Un ordinario caso di obsolescenza programmata

"Non comprarlo, non ti serve", si legge spesso sui muri. E sembra un avanzo demodé della scenografia di "Essi vivono", vista con gli occhi dei giusti.

Nell'era digitale il concetto andrebbe comunque rivisto e ricodificato: "aspetta a comprarlo, compralo a meno, effettua ricerche minuziose, non ti fidare, parti dal presupposto che sei carne da macello, aggregati per fasce di consumo e di casistica dei problemi riscontrati, fatti giustizia da solo".
Passata l'età dell'oro degli impianti stereo, delle lavatrici, dei televisori, delle automobili che duravano "una vita" (o almeno la longevità sensata che il loro alto costo presupponeva), tutto ciò che è digitale, ovvero tutto, viene oggi centellinato nella sua scala evoluzionistica, goccia a goccia, per il lubrico palato del consumatore medio. Che non sa, non vuole, non può rendersi conto del valore reale di ciò che acquista.

Per valore reale intendo una media, molto ragionevole, tra valore di mercato e valore d'uso. Il primo, deciso ed imposto dall'alto, frutto di studi di marketing, psicologia di massa e bieco comportamentismo (la pubblicità suona il campanello, il consumatore inizia a salivare). Il secondo, buon vecchio (bolscevico) concetto caduto in disuso, frutto del "quanto, come e a cosa ti serve?". Troppe domande tutte insieme per rimanere un'idea cool, nel caleidoscopio di cazzate globalizzate del terzo millennio.
Il prevalere del primo ha portato nel tempo al proliferare di merci altamente deperibili, anche quelle costose. Accorciando forzatamente il ciclo vitale del bene è caduta l'ultima legge capitalistica che avesse un senso, basata sulla diretta proporzionalità tra prezzo e qualità, prezzo e longevità.
Il prezzo è ormai subordinato a caratteristiche "altre", definitivamente extra (novità, funzionalità, design, esclusività e una non ben identificata coolness, frutto di snobismo e sfogo di frustrazioni personali attraverso la detenzione/esibizione di oggettistica varia. Esempio sovrano di coolness, il SUV: Socially Unsustainable Vehicle).

Capita quindi che tutto si rompa, appena fuori garanzia (perché la garanzia è ormai il vero ciclo vitale del bene materiale), e si debba procedere a ricomprarlo, in veste nuova, con nuove eccitanti caratteristiche, al miglior prezzo (ma solo per i prossimi venti minuti). E col cacchio che si ripara, perché finisci nel tunnel dei call center, delle assistenze farlocche, dei "le conviene acquistarne uno nuovo", dell'incapacità cronica di dire la verità per quella che è: "caro signore, lei deve acquistare, non possedere".

Il nuovo consumismo è basato sul permanente flusso di moneta virtuale, non sul possesso/godimento del bene materiale. Il nuovo consumismo è post-capitalistico e post-materialista. Non ha bisogno del bene materiale in sé, quanto del suo movimento perenne, a mezzo carta di plastica, di mano in mano, da produttore a consumatore a discarica e via di nuovo. Non ha nulla di trascendentale, ma il distacco dal gretto "oggetto" è tale da apparire persino mistico, a qualche "consumer whore" ben indottrinata.

In un'ottica pseudo-buddhista il consumatore che oggi voglia acquistare, che so, un hard disk esterno viene condotto per mano nel gratificante percorso iniziatico dell'escalation di capienza: ogni byte un tantra. Non importa dove arrivi giovedì, l'importante è il percorso che fai. Trecentocinquanta giga, cinquecento giga, un tera, due tera e alimentazione via USB, la realizzazione spirituale. La prova che la dottrina dell'impermanenza ha un suo senso tecnologico.
Credere è obbedire (e viaggiare un po' a vista, tanto per darsi l'illusione di fare ancora qualcosa). La carota ci ciondola invitante davanti agli occhi, basta camminare.

Ieri stavo per buttare la stampante (una laida Epson Stylus C48, che stampa già male di suo e consuma più inchiostro di una tipografia nel milanese). Aveva deciso di bloccarsi, con le lucine lampeggianti e un messaggio di errore divertente: "Parti all'interno della stampante sono alla fine del proprio ciclo di servizio. Consultare la documentazione della stampante".
Qualcosa è andato.
Rotto? Inceppato? Consumato? Scollegato? No. Quel linguaggio serafico serve a veicolare il concetto sopra espresso: "Gentile utente, il suo tempo è scaduto. Le abbiamo concesso di stampare, adesso faccia la sua parte. La chiami pure fidelizzazione forzata, ma in questo preciso istante Lei deve intendere che la stampante è da sostituire, a prescindere da ogni altra considerazione. Grazie per averci scelto.".

Essendo l'ennesima volta (e con l'ennesima marca) che un sì misterioso evento pone fine a un bene assolutamente intonso, usato con criterio e moderazione, faccio quello che ogni consumatore post-buddhista dovrebbe considerare di fare almeno una volta nella vita: mi incazzo. Non voglio ricomprarla, non voglio più accettare supinamente la logica bastarda di questi magnati (magnaccia) della tecnologia.

Primo: perché è già assurdo di per sé che si producano millemila modelli di stampante, tutti assolutamente identici nella sostanza ma volatili nel tempo. Compra, cambia, getta.
Secondo: perché mi sono scassato le balle di comprare cartuccine minuscole di plastica con un dito di inchiostro e pagarle più di una penna stilografica. Che scrive meglio e almeno mi tiene allenati mano e cervello. Compra, cambia, getta.
Terzo: perché ogni volta che c'è una magagna la garanzia è "appena" finita, e non può essere sempre una combinazione. Essendo il classico "utente medio" mi sono posto dei questiti, che hanno trovato subito risposta. Vedere più avanti.
Quarto: perché ogni volta che la magagna porta a scontrarsi con assistenze e consulenze via mail, telefono o online c'è di che sbellicarsi, ma dalla rabbia.

Questa volta opto per l'assistenza via chat della Epson. "Risponde" tale Saverio, che in tre battute (copiate e incollate, quindi tanto valeva usare una pagina di F.A.Q., o un avatar di Second Life con il corpo di banchiere e la testa di sciacallo) mi spiega la situazione:
"Il messaggio che riceve, indica che i filtri di raccolta dell'inchiostro di scarto sono pieni. Ne viene quindi richiesta la sostituzione, occorre poi reimpostare il valore iniziale del contatore, operazione che è opportuno effettuare presso un Centro Assistenza Autorizzato Epson. Info indirizzi al link: http://www.epson.it/ecceteraeccetera. Ci teniamo a precisare che il contatore tiene conto del numero di stampe realizzato, dei cicl. i di pulizia, sostituzioni cartucce, ecc... Questa operazione rientra quindi nelle normali attività di manutenzione della stampante che è importante ottemperare per permettere alla macchina di mantenere la sua integrità nel tempo e garantire elevati standard qualitativi. L'operazione, per essere eseguita in sicurezza, richiede l'intervento di tecnici specializzati in quanto occorre smontare alcune parti della macchina."
"Ci sono dei tamponi interni che si riempiono dopo un certo volume di stampa per la quale la stampante e' progettata."
"Normali attività di manutenzione", tarate ad hoc, in modo che risultino necessarie abbastanza in là nel tempo da non essere coperte da garanzia, eseguibili solo tramite loro, a un costo più alto del valore della stampante da nuova.
Azzerare un counter e (forse, non necessariamente) ripulire un tamponcino da inchiostro intenzionalmente sprecato (vedi consumi assurdi, specie in fase di pulizia testine).
Non chiedere come pulire il tampone, o perché ti trascinano all'amo con tanta insolenza, quando vuoi solo nuotare libero nell'illusione di poter stampare a colori la mappa della tua prossima vacanza all'Ipercoop.
Compra, cambia, getta.

Inevitabile la chiosa ipocrita: "Grazie per aver usato il servizio EPSON e-talk. Siamo aperti dalle 9 alle 18 da lunedí a venerdì. Se vuole acquistare prodotti EPSON per favore chiami la nostra linea pre-sales al numero 800801101. La sessione si è conclusa."
Sì, è proprio un favore. Ma non voglio farlo alla Epson (o alla Canon, o a chiunque altro, e pare siano molti, adotti queste politiche scorrette ai limiti della truffa al consumatore).
Lo faccio a chi dovesse riscontrare questo tipo di problema con stampanti Epson, causato volontariamente dal produttore solo per fargli comprare un modello nuovo, con cartucce nuove e diverse, senza motivo e senza fornire vera assistenza su quella già acquistata:

1) Documentati (io l'ho fatto qui)

2) Scarica e installa SSC Service Utility, losco software "dalla parte del consumatore", che ti permette almeno di azzerare il maledetto counter e continuare a stampare, cosa altrimenti impossibile visto il blocco totale imposto dal produttore. Per magia la tua stampante riprenderà vita e (fate "ooooh" tutti in coro) stamperà come e meglio di prima. Appena la lucina verde e quella rossa smetteranno di lampeggiare capirai che sei stato preso per il culo.

3) Non gioire: chiediti quante stampanti economiche hai buttato via in passato, causando danni evitabilissimi all'ambiente e al portafogli.

Vicino casa mia, anni fa, c'era una scritta su un muro: "Vi stanno sussumendo".
Non so se l'autore fosse un banchiere-sciacallo pentito o un sindacalista in vena di escursioni filosofiche, ma credo di aver finalmente capito cosa significasse.

Penso che la stamperò in formato A. Con cartucce compatibili.

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