SEASONS OF THE WOLF - "Nocturnal Revelation" (Earth Mother Music, 2001)
Veramente personale ed interessante la proposta dei floridiani SOTW, giunti al terzo album ed ancora imperterriti propugnatori di un metal dalle molteplici sfaccettature. Non fatevi ingannare dal logo quasi black, dalle iniziali chitarre "intubate" (i suoni sono effettivamente un po' fumosi) e dalla voce a tratti paurosamente simile a quella di BOBBY "BLITZ" ELLSWORTH: di estremismi sonori qua non se ne trova traccia. In compenso assistiamo ad una parata di influenze combinate con arguzia e dal risultato finale davvero singolare: si spazia senza paura tra soluzioni musicali molto 70's, riffs conservatori di stampo METAL CHURCH (era "The Dark"; anche la voce paga pegno al loro primo, indimenticato, singer), divagazioni prog/spaziali (complici le ponderate e sempre suggestive tastiere) e manierismi SABBATHiani.
Nella sua interezza l'album prosegue sulla scia dei precedenti "Seasons Of The Wolf" e "Lost In Hell", mettendo a fuoco uno stile sempre più personale e limitando certi episodi alla OZZY che forse "invecchiavano" un po' troppo il sound (accostandolo pericolosamente a quello di tante realtà musicali oggi dedite alla sterile rievocazione di mood settantiani spesso fraintesi).
Premettendo che l'esperienza del gruppo si evidenzia nella professionalità e nella qualità delle composizioni, facendo passare in secondo piano la produzione non eccelsa, sono molti i brani interessanti ed altrettanti i tagli emotivi.
Da segnalare l'anthem di apertura "New Age Revolution", teso mid tempo lacerato da aperture tastieristiche progressive inaspettate. La title track spiazza per la sua atmosfera straniata: come altrove, le trame sintetiche di Ristow giocano un ruolo chiave, esaltate da un songwriting consapevole e da una costante teatralità nell'interpretazione di tutta la band, sprofondando il metal drammatico dei SOTW in una liquidità aliena ed innaturale. In "Liar" riecheggia la tetra belligeranza dei SAVATAGE di "Hall Of The Mountain King" (con tanto di gridolini finali alla OLIVA). L'assalto all'arma bianca di brani come "Dead Zone" e "Transmission", pilotato dai gracchianti proclami di Wes, non fa prigionieri e sarà merce gradita ai fans di UDO ed altri screamer parimenti "disinibiti". "Magnetic Star" vi sprofonderà in un incubo fatto dei primi ossianici TROUBLE e degli schizzati e geniali PSYCHOTIC WALTZ, con una fiera irruenza che non potrà non rianimare il cupo fantasma di "I Hear Black" (OVERKILL). Le atmosferiche "Dance Of A Thousand Veils" (squarcio strumentale orientaleggiante davvero ben riuscito) e "NR3" (pacato episodio di lirismo psichedelico) garantiscono il giusto equilibrio e donano ai 55 minuti del disco una fruibilità inattesa.
Che dire. Sulle prime ammetto di aver sottovalutato questo album, forse perché mi attendevo qualcosa di più immediato ed in linea con svariate produzioni metal attuali: piatte, prevedibili, fredde ed impersonali. Piacevole errore di valutazione dopotutto, visto lo spessore di una band che, dal basso del suo status underground, evita in scioltezza tutti e quattro i difetti. Alla luce di ripetuti e ponderati ascolti, non posso quindi esimermi dal ritenerlo uno dei migliori album americani "non mainstream" ascoltati negli ultimi anni. Caldamente consigliato!
Etichette: Archivio Hammerblow, giornalismo, metal
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