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18 luglio 2005

IMPELLITTERI - “Pedal To The Metal” (YBM Seoul Records, 2004)

Un merito innegabile di Mr. CHRIS IMPELLITTERI è quello di aver dato spazio sui suoi dischi, dai lontani esordi ad oggi, a cantanti eccellenti: basti pensare al sottovalutato GRAHAM BONNET (di ritorno alla corte di Chris sul precedente “System X”) o al cromatissimo ROB ROCK. Chi ha seguito le ultime uscite del funambolo è al corrente dei suoi disperati tentativi di rinnovare souno e composizioni, aggiornandosi al terzo millennio. Perciò non deve stupire più di tanto la scelta del nuovo singer, dal background nu-metal: CURTIS SKELTON era infatti la voce degli americani SPEAK NO EVIL. Ora la recensione dovrebbe spezzarsi in due tronconi: quella per gli aficionados del “vecchio” IMPELLITTERI (clone totale e talvolta imbarazzante di YNGWIE) e quella per metallari che non si fanno problemi se la ricetta cambia, anche a costo di figuracce.
Con la mia eterna speranza che questa inutile lotta fratricida “anni ’80 contro resto del mondo” finisca (perché? 1: Fondamentalmente, anche vent’anni fa uscivano dischi inutili, oggi rivalutati solo perché vecchi - 2: Precludersi per partito preso le novità non mantiene in vita un genere) sono lieto di presentarvi un disco che… farà arrabbiare i retrogradi e non interesserà ai nuovi kids! Ciò nonostante, confesso che a me piace, come e forse più delle vecchie scopiazzature troppe volte fini a se stesse.
Il fato ha voluto, essendo al 2004, che MALMSTEEN non sia più l’unico punto di riferimento del guitar hero. Chris, al contrario di altri imitatori (MICHAEL ROMEO, JOE STUMP, ecc.), ha fatto una scelta encomiabile, con tanta altra musica (spesso buona) oggi in giro. Ha MANTENUTO il buon vecchio shredding, il cantato eroico, le scale veloci e tutto l’ambaradan barocco della vecchia scuola, ma ha anche AGGIUNTO, senza rinnegare più di tanto, nuovi elementi: svisate alla ZAKK WYLDE, sporadiche pesantezze ritmiche alla PANTERA, suoni moderni ed una joke-song addirittura rap-metal (NON nu-metal… NON E’ la stessa cosa!). Ed ha pure trovato un buon nuovo cantante che sa barcamenarsi tra influenze così distanti e risultare sempre credibile. Certo, non è né ROCK, né BONNET. Ma entrambi avrebbero forse sfigurato nell’equilibrismo cui è stato esposto SKELTON. Ultima, determinante ragione valida per non denigrare le scelte di “Pedal To The Metal” sono le canzoni: ci sono, hanno precise identità e si amalgamano con risultati non traumatici. Per fare raffronti nello stesso campo (funamboli e seconda giovinezza) potrei paragonare gli sforzi di Chris a quelli di PAUL GILBERT ed i suoi RACER X: medesima voglia di confrontarsi con l’attuale, impegno affine nel mantenere un trademark riconoscibile.
L’assalto in velocità di “The Writings On The Wall” è anche troppo classico per il mio palato (tra metal scandinavo ed ANGRA), ma placherà subito la rabbia preventiva di molti orsi di mia conoscenza…
Quel qualcuno rimarrà però subito scandalizzato dall’inizio della seguente “Crushing Daze”: aperta da un bel growling, si assesta su violenti ritmi di scuola ANNIHILATOR/PANTERA, squarciata da fughe neoclassiche e cori epici. E’ tutto così fuori posto che quasi funziona!
Sempre quel qualcuno può ora tranquillizzarsi, poiché l’apice sperimentale del disco (“Punk” a parte, ma è uno scherzo) è già stato toccato: “Destruction” pesca ancora a piene mani dal repertorio di YNGWIE e ci risprofonda negli ’80 più fieri ed eroici. Si nota, un brano dopo l’altro, come i soli non siano più sbrodolati fino al parossismo, ma inseriti nelle canzoni in modo sensato.
“Dance With The Devil” e “Judgement Day” (riecco l’ombra dello svedese) mostrano classe metal e profonde radici nel vecchio speed melodico, con un chitarrismo aggressivo, tastiere dosate e voce all’altezza della situazione.
Spetta invece alla saltellante e massiccia “Hurricane” e alla rocciosa “Propaganda Mind” offrire qualcosa di musicalmente più moderno, con trame ritmiche comunque fresche ed interessanti linee vocali. La chitarra rugge, graffia, ricama e puntella senza sbavature, alternando furia a classe, violenza a delicatezza.
La validissima “Stay Tonight” abbassa il ritmo, giocando sulla ricercatezza degli arrangiamenti, con ottimi risultati: un mid tempo epico (il riff iniziale pare quello di “Crazy Train” rallentato) con finezze AOR o al più QUEENSRYCHE. L’assolo mozzafiato non eccede, privilegiando il feeling piuttosto che la tecnica.
“Punk” la lascerei per ultima: è fondamentalmente uno scherzo (un rap-metal come detto, “suonato”, con citazioni maliziose di EMINEM e che si fa beffe di certo nu-metal), per cui ascoltatela alla fine, se oltre all’apertura mentale vi manca anche un minimo di senso dell’umorismo…
Per i più curiosi (o ricchi…) tra voi, segnaliamo la bonus track nipponica, “The Fall Of Titus”, dotata di un ottimo attacco con armonizzazioni MAIDENiane alla “Flight Of Icarus”.

Dure le previsoni sulle sorti del disco. Ai ragazzi di oggi gli assoli non interessano, a quelli di ieri fa allergia tutto ciò che contiene la parola “nuovo”, per cui prevedo il flop. Ma ricordiamoci di quando andavamo a scuola: meglio copiare di sana pianta il tema del compagno di banco secchione, o fare un “collage”, lasciando trasparire almeno la (buona) intenzione di un approccio personale?

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