PERSUADER - “Evolution Purgatory” (Noise/Sanctuary, 2004)
Svedesi, giunti al secondo album, i PERSUADER esistono dal 1997. La label svedese Loud ‘N Proud nel ‘99 pubblicò uno split che li vedeva assieme ai FRETERNIA e nel 2000 arrivò il debut album “The Hunter” (2000). Pessima distribuzione e fallimento dell’etichetta causarono lo scioglimento della band nel 2001, per poi riformarsi con lievi rimaneggiamenti di line-up. Nel 2002 vinsero un concorso (“Young Metal Gods”) il cui premio era un deal con la tedesca Noise. Giunti al 2004, ci regalano così questo agognato secondo full lenght, sperando di raccogliere i frutti di quanto arduamente seminato sinora.
Un po’ di sfortuna aiuta sempre a farti vedere con simpatia e la regola vale anche per i PERSUADER. Difatti, pur non rivoluzionando alcunché in termini musicali, i quattro svedesi risultano a conti fatti credibili, convinti e sinceri. La musica di “Evolution Purgatory” ha riacceso in me quel sopito entusiasmo per il power-speed di matrice BLIND GUARDIAN: voce severa e totalmente devota all’Hansi Kürsch dei primi 4 albums, con lo stesso gusto per cori sovrapposti e guerreschi (ma senza eccedere), chitarre taglienti e dal suono power/thrash, composizioni strutturate e sempre aggressive. L’impressione è non solo che la band ci creda davvero, ma che abbia una voglia di spaccare tutto che da tempo non avvertivo in una release di “power metal”. Sarà la componente speed, molto accentuata, sarà la nostalgia per i BLIND GUARDIAN meno intricati di metà carriera, ma i PERSUADER hanno confezionato proprio il disco di cui avevo bisogno.
Chitarre decisamente “crunchy”, solido impeto thrash, furore quasi teutonico: la potenza di fuoco è ben calibrata durante tutta la durata del CD, arricchita e variegata da stacchi continui, con il risultato non di affievolirne l’impatto, ma di renderlo sempre diverso ed interessante. Veloce ed affilato, l’album ha dei picchi notevoli che emergono dopo ripetuti ascolti; e, fattore importante, ogni volta rimane la voglia di risentirlo. Molti prodotti power preconfezionati di oggi dicono tutto al primo ascolto, tanta è la prevedibilità delle composizioni o la sciatteria degli arrangiamenti. Fato vuole che i PERSUADER (che potrebbero essere tranquillamente bollati come GUARDIAN dei poveri) riescano invece ad entusiasmare per attitudine e sfornino quindi un platter che ha il più vetusto (e dimenticato) dei pregi: la longevità.
Tra i brani metterei in evidenza l’opener “Strike Down”, con la sua fiera irruenza e capace di rimettere la parola “cattiveria” al suo posto, nel vocabolario power. Qualche modernismo nei filtri talvolta applicati alla voce, ma il risultato è degnissimo. Si evince subito la carica speed aggressiva, suggellata dall’imponenza dei cori e da duelli chitarristici di vecchia scuola. Un ottimo inizio.
“Sanity Soiled” offre il primo saggio di “diversificazione” nella struttura: splendidi e minacciosi i cori (al boss Agnar piace molto l’espressione “intimidatorio”…. bene: cori “intimidatori”! NdA), letali le porzioni chitarristiche e terremotante il solo.
“Masquerade” inizia come una parodia di molte produzioni power melodiche, per poi rituffarsi nella vena aggressiva più consona ai nostri. Ad ogni modo un brano che, in questo contesto, permette di tirare un po’ il fiato.
“Godfather” pare uscita dal songbook dei FIFTH ANGEL, suonata un paio di toni sotto ed eseguita dai BLIND GUARDIAN. Cattivissimo il chorus e come sempre bilanciati gli accorgimenti compositivi.
Tra bordate thrashy, soluzioni strumentali convincenti e coralità battagliera, in ogni pezzo si può trovare qualche elemento di interesse (e la pregevole qualità di non perdere mai di vista il concetto di “forma canzone”). “Raise Hell”, “To The End” e la finale “Wipe Out” hanno anche sporadiche aperture melodiche interessanti e misurate.
In generale l’impianto “metal classico + pacca thrash” funziona a dovere ovunque e rende questo “Evolution Purgatory” un epigono, a parer mio superiore, di “Of The Son And The Father” (ASTRAL DOORS, 2003): un album fondamentalmente BELLO, sebbene dichiaratamente derivativo. Con la differenza che Jens Carlsson non deve sforzarsi molto per cantare come Hansi Kürsch (ha la stessa voce!), mentre il singer degli ASTRAL DOORS faceva dei salti “così” mortali per imitare TONY MARTIN e DIO da suonare spesso goffo e rovinare la splendida musica di quel disco.
Ok, magari risultano troppo GUARDIAN-dipendenti e non saranno i prossimi “Gods of Metal”, come proponeva il concorso, ma siamo obiettivi: chi può dire di essere un pretendente al trono? I SONATA ARCTICA? I DRAGONQUALCHECOSA? I SYMPHONICPOWERNIGHTFORCEHOLLYWOODHOLYOPERA (a quando un nome così?)?
Diceva Totò: “Ma mi faccia il piacere…”.
Etichette: Archivio Hammerblow, giornalismo, metal
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