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18 luglio 2005

MIDNIGHT - "Sakada" (Black Lotus Records, 2005)

L’ellenica Black Lotus dà il “la” per il rientro sulle scene di uno dei più grandi interpreti del true metal anni ’80: il signor MIDNIGHT si era eclissato dopo il terzo album come voce degli storici CRIMSON GLORY. Quello “Strange And Beautiful” così discusso, così inaspettatamente “rock” dopo due capolavori di acciaio e cristallo, rappresentava purtroppo l’ultima opera pubblicata dal cantante fino ad oggi. Da par loro i Glory, orfani della preziosa ugola, ci riprovarono con Wade Black alla voce e Steve Wacholz alla batteria, ma il risultato (“Astronomica”) fu un buon dischetto e nulla più. Era ed è fuor di dubbio, infatti, che i CRIMSON GLORY fossero al 90% la voce inarrivabile di MIDNIGHT: altissima, teatrale, istrionica. In una parola: unica.
Dopo eoni di requie solitaria il singer decide che finalmente il suo karma è abbastanza postivo da partorire un nuovo album. Ecco quindi il solista “Sakada”, le cui tentazioni talvolta ZEPPELINiane, talvolta etniche farebbero presumere un cordone ombelicale con il controverso “Strange And Beautiful”. E invece no: ci si spinge oltre, fino alla world music, tenendo sempre sotto controllo la composizione, molto ambiziosa e ricercata, e si sfiora in più di un punto la psichedelia. Onnipresente, senza grandi sussulti, un approccio alla musica tipicamente settantiano, in un solo apparente contrasto tra spontaneità jam e ricerca sonora minuziosa.
E’ limpida l’intenzione di presentare agli ascoltatori un disco che rifletta MIDNIGHT come persona prima ancora che come musicista. E’ altrettanto chiaro però che l’ambizione di certi svolazzi stilistici è una lama a doppio taglio. Se in certe angolature prog i brani funzionano (penso alla teatralità pseudo VAN DER GRAAF GENERATOR dell’opener “Incubus” o alla sfacciatamente ZEPPELIN-oriented “Berber Trails”, appassionato affresco desertico), l’alchimia di “Little Mary Sunshine” e “Pain”, ad esempio, non è certo quella giusta: incedere stucchevole, batteria finta e stralunate atonalità del singer, sembrano entrambe tracce demo di un gruppo grunge alle prime armi che vuole emulare le gesta dei JANE’S ADDICTION.
La teatrale ma movimentata “War” è uno dei pochi brani che fanno trasparire qualcosa del passato. Vocals declamatorie e tensione tribale animano una canzone che inizia a far vedere l’unico vero limite dell’album: tante belle idee, ma scarsa messa a fuoco sui possibili risultati e la loro coesistenza sul medesimo disco. Storia a parte per la riuscita title track “Sakada”, semplice e tenue ballad acustica come solo MIDNIGHT sa concepirne, personale e molto ben orchestrata. Certe atonalità presenti anche qui ricadranno sotto la voce di “interpretazione” e non di “stonature”, per la solita tacita legge che consente all’autore riconosciuto tale una certa dose di licenza poetica.
Il tranquillo folk rock di “Lost Boy” apre la strada alla conclusiva “Cat Song” (la mia preferita), mellifluo excursus zigano ottimamente congegnato e dalla sentita interpretazione, dove i TROUBLE riflessivi incontrano il PLANT disimpegnato. Il retrogusto è addirittura BEATLES del periodo psichedelico.
Voce a parte, la band “stabile” ed i tanti ospiti (tra cui il vecchio amico Jackson) si difendono più che bene e la produzione fa quel che può, dovendo bilanciare numerosi elementi ed atmosfere distanti tra loro.
In quanto alla pretenziosità “autorale” del singer, pensavo che a suo tempo già LIZZY BORDEN avesse dimostrato quanto fosse rischioso avventurarsi in opere al di fuori delle proprie capacità, col discutibile e tedioso “Master Of Disguise” (curioso come proprio la maschera iconizzò per lui il disco “sperimentale” e il contrario sia accaduto per l’ora smascherato ex CRIMSON GLORY). Personalmente non nascondo la nostalgia per la band madre e credo che, anche in preda a raptus megalomani, un artista del calibro di MIDNIGHT potesse e dovesse produrre qualcosa di più focalizzato, ma “Sakada” rimane pur sempre un ottimo esempio di musica personale, stilisticamente trasversale ed inattesa: tre caratteristiche di tutto rispetto.

Per cui bentornato tra noi, eclettico eroe (s)mascherato.

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