HORRORSCOPE - "The Crushing Design" (Shark, 2005)
Straight in your face! Davvero di notevole spessore la seconda uscita sulla lunga distanza dei polacchi HORRORSCOPE. La Shark Records ricomincia a mettere a segno colpi di rilievo, puntando sul thrash vecchia scuola, in linea con quanto fatto da TESTAMENT, ANNIHILATOR, SACRED REICH, DEFIANCE ed altri combos dediti al massiccio wall of sound di matrice fine ottanta/primi novanta.
Premio simpatia, tutto mio, per la scelta del moniker, palese omaggio ai sempre coerenti e “veri” OVERKILL (altra influenza dichiarata della band).
Ottima tecnica di base ed una produzione eccellente donano al disco grande fruibilità e freschezza, facendo letteralmente esplodere i mid-tempos dei nostri, impreziositi da solismi puntuali e puliti. Il songwriting, pur risentendo dell’influenza dei maestri del settore, mantiene una più che sufficiente personalità per tutti i 45 minuti del CD. Nessun eccesso velocistico per gli standard del genere, in favore del granitico palm-muting che la Bay Area insegna e, a quanto pare, tramanda con successo da anni.
Le bands di JEFF WATERS e CHUCK BILLY appaiono subito la luce guida degli HORRORSCOPE nelle prime tracce: “24/7” e “Paranoico” potrebbero essere tranquillamente estratti di “Set The World On Fire” (magari un attimo indurito) e “Practice What You Preach”, rispettivamente. “Hunger” parte col piglio chitarristico tagliente degli EXODUS e sfoggia una batteria atletica e decisamente superiore in tecnica a quella del precedente drummer Arek Kus. Il disco prosegue poi sui binari iniziali, facendo notare come alcune influenze degli storici HEATHEN, presenti nella passata produzione, siano state in parte abbandonate.
Il mattone “Firebolid”, scaricabile dal sito della band, potrà darvi un’idea di massima sullo spessore della band.
Al centro la sorpresina per i “puristi” del metal: la cover di “Between Two Hearts”, del piccolo grande RONNIE JAMES DIO. Irrobustita dal drumming tellurico, la struttura del brano non viene stravolta e la voce di Adam si produce in una prestazione quantomeno inaspettata. Non son andati certo a pescare dall’album più riuscito dell’ex-Rainbow, ma il risultato è senz’altro convincente e consente di allentare per un attimo la tensione generale.
La sagra del crunch prosegue senza tregua fino alle battute finali, trovando modo di regalarci anche la breve ed intensa scorribanda elettrica “Burden Of Faith”, che ci ricorda quanto fossero belli i tempi in cui ALEX SKOLNICK faceva ancora il “metallaro” (inorgogliendo tutti i thrashers che potevano finalmente dimostrare agli scettici che “non è solo rumore”…). Un plauso quindi anche ai dotati Krzystof e Lech, infaticabili muli da traino sulle ritmiche ed abili cesellatori in sede solistica.
Diffidate di certe recensioni non proprio esaltanti che si leggono in giro sul web, che li accusano di essere anonimi e poco innovativi. Il thrash ha detto quasi tutto quello che poteva dire diversi anni fa e solo i TESTAMENT l’hanno spinto oltre senza farlo sconfinare nel death, ma questo non è certo colpa degli HORRORSCOPE, che fanno quello che possono in questo stramaledetto terzo millennio. E, consentitemi di aggiungere, lo fanno DAVVERO BENE.
Etichette: Archivio Hammerblow, giornalismo, metal
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