BIOMECHANICAL - "Eight Moons" (Revolver, 2003)
Devastante esordio di fine 2003 per gli inglesi BIOMECHANICAL, dopo un già incoraggiante demo dell’anno precedente! Visti a fine ottobre al mitico Underworld di Londra, confermano su CD la potenza e la spaventosa tecnica dimostrata on stage. Faccio presente subito l’unico lato negativo, ovvero la registrazione, per lasciare il resto in tranquilla “discesa”. Il suono del disco è decisamente saturo, vuoi per la complessità dei suoni sovrapposti, vuoi per budget non eccezionale; fatto sta che a tratti sembra di ascoltare il risultato di una produzione “eccessiva”, pompata ma un po’ caotica, che uccide la dinamica e rende la batteria più sintetica del dovuto e poco nitida. Assicuro comunque che la musica ne esce vincitrice e si può soprassedere se non tutto è eccellente in fatto di suoni.
La prima componente che colpisce è la voce di John K, che possiamo sentire anche sull’ultimo album dei BALANCE OF POWER (band più classicamente metal/prog), singer strabiliante nell’uso di uno spettro vocale che va dai PANTERA più feroci allo screaming lancinante dell’HALFORD in pienissima forma, non dimenticando momenti d’atmosfera alla GEOFF TATE (di cui si dichiara grande fan nell’intervista rilasciata ad HAMMERBLOW dopo la gig londinese). Colpisce la naturalezza nei passaggi da un’impostazione vocale all’altra, senza perdere in efficacia e mantenendo comunque una grandissima personalità, segno di una maturità musicale che va aldilà della semplice tecnica.
La band non è da meno in fatto di abilità ed energia, con un batterista vigoroso e fantasioso e due asce che dal vivo brillano per precisione, tecnica e forza d’urto (ascoltare gli assoli: senza sbrodolarsi addosso più di tanto, sono dei rasoi impazziti che colpiscono alla velocità della luce!).
Dare una definizione al genere in questione è difficile: l’atmosfera generale del disco è tra epic, fantascienza (alcuni inserti tastieristici futuristici non presenti in sede live, in cui viene premiato l’impatto metal), corposità thrash, power “vero” alla “Painkiller” e prog (per approccio compositivo e livello di esecuzione). I vari elementi combinati non danno assolutamente origine ad un “fritto misto” come si potrebbe temere, anzi. Ne esce una band fortemente personale e convincente, assassina quando serve (“The Awakening”, per cui è stato realizzato un videoclip professionale), elegante nel disimpegno melodico (“Eight Moons”), sopraffina nel creare scenari futuristici mai stucchevoli (“In The Core Of Darkness”).
Alcune bands che potreste mescolare in un mixer per ottenere qualcosa di simile sono PANTERA, WATCHTOWER, PSYCHOTIC WALTZ, NEVERMORE e JUDAS PRIEST. E’ necessario sentirli, per capire come tanto numerosi e divergenti elementi possano venir fusi in un’unica mistura: a parole è difficile trasmettere l’idea di un gruppo così eclettico e creativo.
Qualche menzione sulle tracce più incisive forse può aiutare.
L’opener “The Awakening”, disponibile come assaggio in mp3 sul loro sito, fornisce un buon campione delle possibilità della band: vortice di batteria, chitarre pesantissime, squarci tastieristici stralunati, assoli urlanti (che in questo caso hanno un flavour alla ALEX SKOLNICK) e assalto frontale di John, in pieno trip Halfordiano.
La seguente “Do You Know Me” fonde corazza post-thrash al metallo maschio di scuola ICED EARTH (mooolto più dinamico negli sviluppi, se Dio vuole); interessante l’apertura melodica centrale, che per un ci regala un attimo John Dickinsoniano, prima di rituffarsi in uno screaming più moderno ed aggressivo. Qui come altrove c’è sempre spazio per la melodia e l’anthem metallico, ma sempre come una, e solo una, delle tante anime del songwriting. Per esser chiari, se si cercano canzoni scritte attorno ad un ritornello da birreria, meglio girare alla larga, ché qui non è proprio aria.
“In The Core Of Darknes”, “Distorted” e “Hunted” obbediscono alla stessa logica bilanciata di ferocia, classe e ricercatezza. Ritengo questa varietà un grande punto a favore dei BIOMECHANICAL, poiché non danno l’impressione di una band in cerca di fans ovunque (col rischio “collage” di scontentare tutti), bensì di musicisti convinti del mélange sonoro prodotto e al servizio di una musica unica e personale.
“Save Me” mette da parte i Panterismi per concentrare la forza antica del metallo attorno all’ugola d’acciaio di John in un brano epico tra scuola americana (QUEENSRYCHE) ed europea (LETTER X, JACKAL), con degli ottimi squarci melodici.
A chi invece nei Pantera ci sguazza “Point Of No Return” fornirà il tassello mancante nella discografia di Anselmo&Co: spietata mazzata nelle gengive che emerge a sorpresa da un incipit totalmente diverso.
Nota a parte per la toccante “Eight Moons” (ancora una volta allucinante l’interpretazione di John, quasi a livello del buon MIDNIGHT), vera e propria suite, che fonde orchestralità decisamente teatrale, parti narrate e chorus epico di grande presa, evitando pacchianerie e trombette varie.
In sintesi un debutto col botto, che rappresenta senz’ombra di dubbio l’inizio di una brillante carriera per i Biomechanical. Per me, una gradita quanto inattesa conferma che nel ventunesimo secolo si possa suonare metallo fottutamente grande senza rifugiarsi dietro agli anni ’80 e senza rincorrere i dettami di MTV.
In bocca al lupo a John e soci, sperando di poterli vedere presto da queste parti. Quando avverrà, parola loro, saremo i primi ad essere avvertiti (presumo che siamo anche la prima webzine italiana a parlare di loro, visto che i contatti coi media italiani del settore glieli ho passati di persona, non avendo i nostri la benché minima idea su chi fossero gli interlocutori della stampa metal italiana; altra “piacevole” testimonianza che l’Italia nel metal conta più o meno come Singapore…).
P.S.: Nota di merito a Chriss, che dal vivo sfoggia una buffa maglietta nera con delle bande di equalizzazione disegnate sul fronte. Durante il concerto, le bande vanno su e giù (e giuro che non si capisce se rispondano al gioco di luci sul palco o a segnali sonori); e una volta sviluppate le foto (solo quelle fatte col flash) tale maglietta non appare più nera, bensì come un reticolato bianco stile circuito integrato. Più fantascienza di così…
La prima componente che colpisce è la voce di John K, che possiamo sentire anche sull’ultimo album dei BALANCE OF POWER (band più classicamente metal/prog), singer strabiliante nell’uso di uno spettro vocale che va dai PANTERA più feroci allo screaming lancinante dell’HALFORD in pienissima forma, non dimenticando momenti d’atmosfera alla GEOFF TATE (di cui si dichiara grande fan nell’intervista rilasciata ad HAMMERBLOW dopo la gig londinese). Colpisce la naturalezza nei passaggi da un’impostazione vocale all’altra, senza perdere in efficacia e mantenendo comunque una grandissima personalità, segno di una maturità musicale che va aldilà della semplice tecnica.
La band non è da meno in fatto di abilità ed energia, con un batterista vigoroso e fantasioso e due asce che dal vivo brillano per precisione, tecnica e forza d’urto (ascoltare gli assoli: senza sbrodolarsi addosso più di tanto, sono dei rasoi impazziti che colpiscono alla velocità della luce!).
Dare una definizione al genere in questione è difficile: l’atmosfera generale del disco è tra epic, fantascienza (alcuni inserti tastieristici futuristici non presenti in sede live, in cui viene premiato l’impatto metal), corposità thrash, power “vero” alla “Painkiller” e prog (per approccio compositivo e livello di esecuzione). I vari elementi combinati non danno assolutamente origine ad un “fritto misto” come si potrebbe temere, anzi. Ne esce una band fortemente personale e convincente, assassina quando serve (“The Awakening”, per cui è stato realizzato un videoclip professionale), elegante nel disimpegno melodico (“Eight Moons”), sopraffina nel creare scenari futuristici mai stucchevoli (“In The Core Of Darkness”).
Alcune bands che potreste mescolare in un mixer per ottenere qualcosa di simile sono PANTERA, WATCHTOWER, PSYCHOTIC WALTZ, NEVERMORE e JUDAS PRIEST. E’ necessario sentirli, per capire come tanto numerosi e divergenti elementi possano venir fusi in un’unica mistura: a parole è difficile trasmettere l’idea di un gruppo così eclettico e creativo.
Qualche menzione sulle tracce più incisive forse può aiutare.
L’opener “The Awakening”, disponibile come assaggio in mp3 sul loro sito, fornisce un buon campione delle possibilità della band: vortice di batteria, chitarre pesantissime, squarci tastieristici stralunati, assoli urlanti (che in questo caso hanno un flavour alla ALEX SKOLNICK) e assalto frontale di John, in pieno trip Halfordiano.
La seguente “Do You Know Me” fonde corazza post-thrash al metallo maschio di scuola ICED EARTH (mooolto più dinamico negli sviluppi, se Dio vuole); interessante l’apertura melodica centrale, che per un ci regala un attimo John Dickinsoniano, prima di rituffarsi in uno screaming più moderno ed aggressivo. Qui come altrove c’è sempre spazio per la melodia e l’anthem metallico, ma sempre come una, e solo una, delle tante anime del songwriting. Per esser chiari, se si cercano canzoni scritte attorno ad un ritornello da birreria, meglio girare alla larga, ché qui non è proprio aria.
“In The Core Of Darknes”, “Distorted” e “Hunted” obbediscono alla stessa logica bilanciata di ferocia, classe e ricercatezza. Ritengo questa varietà un grande punto a favore dei BIOMECHANICAL, poiché non danno l’impressione di una band in cerca di fans ovunque (col rischio “collage” di scontentare tutti), bensì di musicisti convinti del mélange sonoro prodotto e al servizio di una musica unica e personale.
“Save Me” mette da parte i Panterismi per concentrare la forza antica del metallo attorno all’ugola d’acciaio di John in un brano epico tra scuola americana (QUEENSRYCHE) ed europea (LETTER X, JACKAL), con degli ottimi squarci melodici.
A chi invece nei Pantera ci sguazza “Point Of No Return” fornirà il tassello mancante nella discografia di Anselmo&Co: spietata mazzata nelle gengive che emerge a sorpresa da un incipit totalmente diverso.
Nota a parte per la toccante “Eight Moons” (ancora una volta allucinante l’interpretazione di John, quasi a livello del buon MIDNIGHT), vera e propria suite, che fonde orchestralità decisamente teatrale, parti narrate e chorus epico di grande presa, evitando pacchianerie e trombette varie.
In sintesi un debutto col botto, che rappresenta senz’ombra di dubbio l’inizio di una brillante carriera per i Biomechanical. Per me, una gradita quanto inattesa conferma che nel ventunesimo secolo si possa suonare metallo fottutamente grande senza rifugiarsi dietro agli anni ’80 e senza rincorrere i dettami di MTV.
In bocca al lupo a John e soci, sperando di poterli vedere presto da queste parti. Quando avverrà, parola loro, saremo i primi ad essere avvertiti (presumo che siamo anche la prima webzine italiana a parlare di loro, visto che i contatti coi media italiani del settore glieli ho passati di persona, non avendo i nostri la benché minima idea su chi fossero gli interlocutori della stampa metal italiana; altra “piacevole” testimonianza che l’Italia nel metal conta più o meno come Singapore…).
P.S.: Nota di merito a Chriss, che dal vivo sfoggia una buffa maglietta nera con delle bande di equalizzazione disegnate sul fronte. Durante il concerto, le bande vanno su e giù (e giuro che non si capisce se rispondano al gioco di luci sul palco o a segnali sonori); e una volta sviluppate le foto (solo quelle fatte col flash) tale maglietta non appare più nera, bensì come un reticolato bianco stile circuito integrato. Più fantascienza di così…
Per contattarli (hanno un bel sito tutto in Flash): http://www.biomechanical.co.uk/ e Biomechmailbox@aol.com.
Etichette: Archivio Hammerblow, giornalismo, metal
0 Comments:
Posta un commento
<< Home