BASTA TEOCRAZIA: fuori Dio dallo Stato e dalla Pubblica Istruzione!
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28 aprile 2006

Orgoglione

Prendo spunto da un post di Marco che ho commentato sul suo sempre brillante “La voce della luna”. Già in altre sedi e con diversi interlocutori mi è capitato di parlare del senso di “patria” e “patriottismo” e quel post sul tema della Liberazione mi ha smosso un po’ dal torpore della “vittoria mutilata” di poco tempo fa.
Sul tema del patriottismo mi sento "freddo". Non snob, semplicemente realista: la bandiera è un pezzo di stoffa che non mi emoziona, l'inno un tema musicalmente tronfio (una marcetta da comiche, diciamocelo) e liricamente obsoleto. E trovo che quasi tutte le cerimonie patriottiche siano, in fondo e in cima, retoriche. Perché si sa dove si vuol andare a parare, e lo si fa sempre con mano grossolana e voce ridondante. E' il gusto dell'autocelebrazione nazionale. Un gusto che non mi appartiene, tanto quanto io non appartengo all'Italia come la concepiscono tanti stravaganti patrioti che sanno a memoria parole che non comprendono.
Il 25 aprile ha invece un gusto che assaporo volentieri. Sento che ha un senso che esula dai trionfalismi di altre occasioni. La “liberazione” è un punto di partenza e di riferimento. Un senso diverso da quello, che so, di "cingersi la testa con l'elmo di Scipio" sotto frecce tricolori e davanti a bare avvolte nelle bandiere (il patriottismo di pace e di guerra, tra canzonette e funerali, ma egualmente grottesco ai miei occhi).
Io, cittadino del mondo, toscano e infine fiorentino, se costretto a riconoscere un'”italianità”, non posso non trovarla in valori, idee, princìpi di civiltà (e l'antifascismo che si ricorda il 25 aprile è uno di essi: potente, fondamentale, irrinunciabile), non mostrine militari. Il Risiko ed il karaoke li lascio volentieri a parà e folgorati. E' giusto che si divertano anche loro, visto che non hanno altro a cui attaccarsi che l'"orgoglio". Perché poi questo è il patriottismo: “orgoglio” nazionale. Orgogliosi, fieri, impavidi, morbosamente in erezione per pistoline e prove di forza ChuckNorrisiane stile "vi faccio vedere come muore un italiano". Questo li "eccita", gonfia loro ego e pène in egual misura. E difatti i cannoni sono secondo molti (in)naturali estensioni falliche. E’, il loro, un rambismo politicamente corretto e dialetticamente chiuso in se stesso: se lo rifiuti sei indegno, ingrato, “culattone e raccomandato”, come direbbe uno Sgarbi se avesse ancora voce in tv. Un rambismo che ben si sposa con l’indole celodurista dell’italiano medio, con la scarsa profondità di pensiero dell’uomo della strada abbagliato dal “sense of wonder” della potenza, infine con la consenziente pietas cristiana, sempre in agguato quando c’è da versar lacrime sulla bara di un milite. Il “civile” è fuori fuoco in questa fotografia. Un civile che come me ha deciso a suo tempo di essere “civile” fino in fondo, dicendo “no” alla leva militare, non può essere tanto patriota. In effetti pagai poco la mia scelta, visto che alle generazioni a me precedenti toccò la sorte di “disertori”, di detenuti, di (alfine) obiettori sempre e comunque penalizzati. Perché erano, di fronte alla “patria”, cittadini di serie B. Non avevano (e non ebbi io) le “palle” del blasone patriottico. Curioso che ora il servizio civile faccia comodo a molti (e vai con gli spot tv), per tappare buchi di risorse umane ed economiche lasciati da governi irresponsabili. Irresponsabili ma… patriottici. E governi coi quali non si poteva dissentire neanche sulla terminologia: “Non lo si chiami ‘mercenario’!”, tuonavano certi caporioni in vena di funerali-propaganda. Ti tolgono le parole di bocca, quando le temono. I caduti son tutti “eroi”. Eroi della patria. Chi falcia un Nicola Calipari magari eroe non lo è, ma essendo un amico sull’errore si può chiudere un occhio. E’ un amico di una patria amica, ed anch’egli patriota. Osmosi da polvere da sparo. Solo negli ultimi anni ci sarebbero decine di casi in cui mi sono detto “da come la penso sono automaticamente etichettabile come un terrorista, perché con questi governanti non c’è contraddittorio: o con loro o contro di loro”. Ho perfino provato commiserazione per chi si è stizzito davanti alle foto di Abu Ghraib. Mi sono sembrati degli ingenui proprio per esserci rimasti male di fronte a quello che ogni guerra, in ogni tempo e luogo porta sempre e comunque. Se ti stupisci, se ti stizzisci, vuol dire che c’eri cascato anche tu, nella trappola del “buoni contro cattivi”, nelle marachelle da oratorio di Pera e dei suoi chierichetti, nelle bugie raccontate male ma accettate e condivise (perché questo è stato ed è) dalle tre “B” della guerra globale, nelle pie illusioni della convenzione di Ginevra (attuale ed attuabile come i regolamenti calcistici di Blatter). Ma è lunga la solfa, e mi spiace solo che dopo anni si provi fatica a ripetere cose che sarebbero così ovvie da non necessitare altro che vergogna e silenzio. Perché io la provo, questa fatica di parlare ai sordi. Se non riescono quelli che “sanno” parlare, che sanno se non informare almeno interessare, come posso riuscire io?
Da pacifista convinto mi è difficile definirmi "patriota", su questo palco e con questi attori. Alla loro brama di "orgoglio" preferisco sostituire il mio legittimo desiderio di "dignità". Dignità è -o dovrebbe essere- democrazia, stato di diritto, indipendenza, separazione dei poteri, integrazione, sviluppo sostenibile, pacifismo. E non credo che la “dignità” nazionale, comunque la si delimiti, abbia bisogno di bandiere, soldatini in riga e canzoni da fiera paesana: ha nella sua stessa esistenza, non nella celebrazione, il proprio maggiore e maggiormente condivisibile successo.
Eravamo un milione al Social Forum di Firenze (le forze dell’ordine dissero 450 mila: forse stanno ancora contando). Un giorno che non dimenticherò mai, con la città unita nelle sue differenze, pronta a veder sfilare assieme anarchici e verdi, cattolici e comunisti, sindacalisti e studenti, per qualcosa di universale. Il giorno in cui abbiamo ricacciato in gola alla Fallaci le sue cazzate xenofobe e terroristiche nel modo migliore: con la civiltà. Ebbene, quel giorno fu quasi oscurato da chi remava contro alla civiltà: ai giornalisti RAI fu imposto di usare il termine “disobbedienti” al posto di “pacifisti”, venne proibito di inquadrare le bandiere della pace, venne interdetta la diretta tv dell’evento. A riprova, triste e desolante, che chi muoveva i fili sapeva che “se una cosa non appare in tv non esiste”.
Così questo penso, ormai da anni: che quelli come me e il loro senso della “dignità”, non dell’”orgoglio”, non esistano. E la fatica aumenta, di pari passo con la perdita della memoria. Di quattro anni fa a Firenze come del 1945 a Milano.

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7 Comments:

Anonymous Anonimo said...

L'onorevole Gasparri (AN) dopo gli episodi ha detto pubblicamente che tutta (a suo parere) la sinistra è affiancata da queste orde di insurrezionali che bruciano bandiere israeliane, senza ricordarsi che la sua forza politica di destra è affiancata dalla lega che brucia le bandiere italiane (e ci sputa sopra).

28 aprile, 2006 09:43  
Anonymous Anonimo said...

Complimenti per il post. Quel bel giorno a Firenze c'ero anch'io, indimenticabile.

28 aprile, 2006 11:19  
Blogger JonVendetta said...

Gasparri credo possa ricordare ben poche cose, visto che per "ricordare" bisogna quantomeno prima "sapere".
Lo so, sono astioso.

Grazie a elisaday (linkata al volo). Non solo di essere passata di qui, ma anche di essere stata parte di quel milione. Ti ricordi le famiglie alla finestra che facevano il caffè e lo distribuivano ai manifestanti? Bei tempi...

28 aprile, 2006 20:41  
Anonymous Anonimo said...

non ho letto proprio tutto il post perchè devo scappare a studiare.però ti dico solo che non son mai riuscito a capire come fa il nostro esercito (e tutto l'indotto) a campare sull'orgoglio etcetc, visto che in guerra abbiamo SEMPRE(dai romani in poi) raccattato delle figure che la metà bastavano. E hanno sempre pagato i poveracci come noi per comandanti poo bòni (e mi trattengo) e mancanza di soldi per l'equipaggiamento.

03 maggio, 2006 13:37  
Blogger JonVendetta said...

Fanno presto: nella logica militare la spavalderia è tutto. Se sei forte ti gasi perché lo sei. Se sei debole ti gasi perché sarai "uno contro tutti".
E' un dogma anche quello in divisa, in fin dei conti.

03 maggio, 2006 20:54  
Anonymous Anonimo said...

MA PERCHE' NON VI AMMAZZATE, NON PRENDETE UNA BELLA CORDA E VI APPENDETE A UN RAMO? O MEGLIO ANCORA VI RADUNATE TUTTI ASSIEME, FACENDO UN BEL GIROTONDO E VI FATE SALTARE IN ARIA COME I "VALOROSI RESISTENTI" IRACHENI.
SIETE INUTILI

08 giugno, 2006 08:53  
Blogger JonVendetta said...

Al prossimo checkpoint forse sarai inutile pure tu, anonimo bellimbusto.
Di valoroso c'è solo la pace, ma con un'arma in mano non lo capirai mai.

08 giugno, 2006 11:52  

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