Luce sul redirect
E' bello avere dei "collaboratori". Uno la butta là, cialtronamente come faccio io, e poco dopo giungono contributi da approfondimenti esterni. Da una parte mi sento gratificato (vuol dire che qualcuno legge le cose che scrivo), dall'altra un po' frettoloso e "bubone", poiché mi fermo non appena trovo qualcosa di cui lamentarmi, mentre potrei io stesso tentare di scavare ulteriormente...
Riguardo alla faccenda di www.democraticidisinistra.com mi giunge quanto segue:
www.networksolutions.com ci dice che il dominio www.democraticidisinistra.com è stato acquistato da questo personaggio:
Registrant: Paul Pilkington - Via Pagano Doria, 18/13 - Genova, 16126 Italy (+39.3494148766)
.. e se "googli" scoprirai che Paul Pilkington è un consulente informatico inglese che vive in italia da centottant'anni e che ha fatto questo giochino del redirect per dimostrare quanto la politica italiana sia inadeguata rispetto al web. "Un gesto vagamente situazionistico, per lanciare un allarme facendo capire agli internauti come i partiti si interessino poco alle Rete. Con una manciata di euro, chiunque può prendere i domini che li riguardano e spedire la gente in braccio ai loro avversari". Avversari che a quanto pare non si sono accorti di nulla, "e anche questo non è un bel segnale; all'estero avrebbero già fatto offerte astronomiche per ricomprarsi i loro domini". (da L'Espresso)
La registrazione "strategica" dei domini non è cosa nuova nel marketing. Una volta i furbi registravano marchi per prodotti (ancora) inesistenti sul proprio mercato e pur non essendo neanche lontanamente dei produttori, attendendo solo l'arrivo di quelli veri e sperando di poter vantare contro di loro delle priorità acquisite. Ricattandoli per rivendergli il loro stesso brand, insomma. Fu il caso, nei primi anni '80, della Puma. Un furbacchione registrò il marchio e quando la Puma volle entrare nel mercato spagnolo ebbe due possibilità: comprarsi i diritti sul suo nome dal furbacchione a peso d'oro o cambiare marchio. Optò per la seconda e mise sul mercato prodotti griffati Dasler Puma. Perdendo in corporate identity ma mettendola nel di dietro al tipo.
Con i domini succede più o meno ovunque lo stesso, tanto che ci sono compagnie che si occupano esclusivamente di registrazioni "preventive", sfruttando la maggiore flessibilità e minore regolamentazione del mercato di nomi virtuali, rispetto a quello reale dei singoli Stati (suddiviso in classi merceologiche, più o meno regolato da apposite leggi anti-contraffazione e imitazione, controllato da organi di competenza nell'ambito Marchi e Brevetti). Abbiamo assistito negli ultimi anni a casi giuridici di ogni tipo, che hanno mostrato principalmente due aspetti della rete: la sua relativa incontrollabilità e la grande parzialità che viene poi mostrata quando si arriva alla sede processuale. Basti pensare al caso Armani per avere la conferma che ci sono cittadini "più uguali" degli altri (in breve: uno dei pochi diritti "acquisiti" per la priorità nella registrazione di un dominio è il proprio cognome; UN signor Armani -non IL signor Armani- si è però visto per legge sottrarre il dominio, LEGALE e registrato PRIMA del famoso brand di moda, perché era... "meno Armani di Armani"!).
L'articolo che segue, risalente al marzo 2003, spiega velocemente quanto accaduto a chi non seguì la questione allora:
Armani, domini non garantiti dal nome
L'azienda Giorgio Armani riesce in tribunale a sottrarre il dominio armani.it che era stato registrato da Luca Armani. Ma questo è solo il primo caso… Si può prevedere una corsa alla registrazione di cognomi come marchi.
Roma - Registrare un dominio.it con il proprio cognome non garantisce la titolarità dello stesso. Ad affermarlo è la clamorosa sentenza emessa dal Tribunale di Bergamo con cui si è deciso che il signor Luca Armani non ha diritto al dominio armani.it perché questo spetta alla Giorgio Armani, società il cui nome è anche un marchio. Dopo la lunga vicenda Grauso sulla questione dei domini e le innumerevoli rassicurazioni provenienti dal NIC italiano, la sentenza di Bergamo sembra annullare uno dei pochi punti fermi nel mondo dei domini.it, quello secondo cui il proprio nome e cognome può garantire la titolarità di un dominio internet equivalente. A prevalere, invece, secondo il giudice di questo caso, è la registrazione del marchio, capace di soverchiare qualsiasi diritto "al nome" che era stato rivendicato, in questo caso, dalla parte soccombente nel giudizio, cioè Luca Armani, titolare di un timbrificio. "Oggi è un giorno triste per Internet - ha scritto Luca Armani sul suo sito, suo ancora per poco - E pensare che fino ad oggi ero convinto che quella parola ARMANI fosse il mio cognome, quello che da 39 anni ero convinto di rappresentare decorosamente. Sicuramente mi sono sbagliato, come sbagliata è la dicitura che appare sulla mia carta d'identità. ARMANI non è il mio cognome e nemmeno quello della mia famiglia ma è principalmente e innanzitutto un Marchio. Difficile sarà farlo capire in futuro, quando saranno cresciuti, anche ai miei figli ma ci proverò". La beffa per Luca Armani è non solo essersi dovuto difendere dalle accuse della Giorgio Armani di aver utilizzato il proprio nome per lucrare sul nome altrui (!!!) ma anche di trovarsi ora a pagare salatissime spese legali all'azienda del celebre stilista. Rimane anche da vedere cosa penseranno di quanto accaduto tutti gli altri Armani italiani, e soprattutto quei circa 200 Armani che sono titolari di altrettante aziende nostrane. Altro importante problema che si apre ora, naturalmente, è quello legato alla titolarità di tutti i domini italiani registrati da chi ha un cognome corrispondente. Se la Registration Authority a suo tempo affermava con forza che un nome a dominio equivalente ad un cognome non avrebbe potuto essere registrato se non dal titolare del cognome stesso, ora interviene una singolare ed estensiva interpretazione della legge sui marchi a cambiare tutto ciò. Quanti correranno all'ufficio per la registrazione dei marchi per tutelare il proprio nome e cognome, un dato anagrafico che oggi, evidentemente, ha perso qualsiasi importanza?
L'azienda Giorgio Armani riesce in tribunale a sottrarre il dominio armani.it che era stato registrato da Luca Armani. Ma questo è solo il primo caso… Si può prevedere una corsa alla registrazione di cognomi come marchi.
Roma - Registrare un dominio.it con il proprio cognome non garantisce la titolarità dello stesso. Ad affermarlo è la clamorosa sentenza emessa dal Tribunale di Bergamo con cui si è deciso che il signor Luca Armani non ha diritto al dominio armani.it perché questo spetta alla Giorgio Armani, società il cui nome è anche un marchio. Dopo la lunga vicenda Grauso sulla questione dei domini e le innumerevoli rassicurazioni provenienti dal NIC italiano, la sentenza di Bergamo sembra annullare uno dei pochi punti fermi nel mondo dei domini.it, quello secondo cui il proprio nome e cognome può garantire la titolarità di un dominio internet equivalente. A prevalere, invece, secondo il giudice di questo caso, è la registrazione del marchio, capace di soverchiare qualsiasi diritto "al nome" che era stato rivendicato, in questo caso, dalla parte soccombente nel giudizio, cioè Luca Armani, titolare di un timbrificio. "Oggi è un giorno triste per Internet - ha scritto Luca Armani sul suo sito, suo ancora per poco - E pensare che fino ad oggi ero convinto che quella parola ARMANI fosse il mio cognome, quello che da 39 anni ero convinto di rappresentare decorosamente. Sicuramente mi sono sbagliato, come sbagliata è la dicitura che appare sulla mia carta d'identità. ARMANI non è il mio cognome e nemmeno quello della mia famiglia ma è principalmente e innanzitutto un Marchio. Difficile sarà farlo capire in futuro, quando saranno cresciuti, anche ai miei figli ma ci proverò". La beffa per Luca Armani è non solo essersi dovuto difendere dalle accuse della Giorgio Armani di aver utilizzato il proprio nome per lucrare sul nome altrui (!!!) ma anche di trovarsi ora a pagare salatissime spese legali all'azienda del celebre stilista. Rimane anche da vedere cosa penseranno di quanto accaduto tutti gli altri Armani italiani, e soprattutto quei circa 200 Armani che sono titolari di altrettante aziende nostrane. Altro importante problema che si apre ora, naturalmente, è quello legato alla titolarità di tutti i domini italiani registrati da chi ha un cognome corrispondente. Se la Registration Authority a suo tempo affermava con forza che un nome a dominio equivalente ad un cognome non avrebbe potuto essere registrato se non dal titolare del cognome stesso, ora interviene una singolare ed estensiva interpretazione della legge sui marchi a cambiare tutto ciò. Quanti correranno all'ufficio per la registrazione dei marchi per tutelare il proprio nome e cognome, un dato anagrafico che oggi, evidentemente, ha perso qualsiasi importanza?
Per quanto riguarda invece la provocazione di Mr. Pilkington, che dire? Complimenti. Quanto sia situazionista la trovata non lo so, visto che non leggo spesso Guy Debord, ma una cosa è certa: i diretti interessati se ne fregano e io ci sono cascato come un babbione...
2 Comments:
La vicenda legata a www.democraticidisinistra.com dimostra, ancora una volta, quanta poca privacy esista nel mondo, nonostante tutte le leggi a sua tutela. Se basta un sito per sapere cazzi e catizzi di chi registra un dominio (anche il numero di cellulare!) te lo immagini te...!!!
Che io sappia almeno l'identità deve essere pubblica. Non ti so dire poi su dati aggiuntivi tipo indirizzo o telefono, ma "chi ha cosa", privacy o no, mi pare giusto che si sappia. Quando tu compri il Giornale sai a chi stai dando soldi, no?
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